VOLLEY Mondiali, la cavalcata delle azzurre diversamente vincenti

 

 La
sintesi del Mondiale delle azzurre del volley? Tre settimane da
raccontare, tre settimane vissute intensamente,  da Roma a Bari, a
Milano. Tre settimane che hanno proiettato la pallavolo e la Nazionale
femminile in un’altra dimensione. E’ indiscutibilmente vero che
nell’albo d’oro del Mondiale non c’è scritto il nome dell’Italia (come
ha detto amaro il ct Marco Bonitta) e che le ragazze sono tornate a casa
senza nulla in mano (come ha ripetuto Eleonora Lo Bianco e non solo).

Ma il quarto posto, l’essere rimaste senza una medaglia come accadde
alla Nazionale maschile nel Mondiale casalingo del 2010, non possono
essere considerati come una sconfitta. E’ vero che in un’Italia abituata
a salire sul carro dei vincitori, suscita quasi sorpresa l’entusiasmo
che la Nazionale ha saputo accendere. Ed ancor più significativo è che
alla fine la mancata medaglia, le ultime due sconfitte con la Cina e con
il Brasile, che hanno mortificato il brillante cammino iridato di Del
Core e compagne, non hanno minimamente intaccato l’amore che il pubblico
ha riservato alle pallavoliste azzurre. E’ vero che già la Nazionale di
rugby ha aperto una breccia nella sottocultura, tutta italiana, di
considerare soltanto la vittoria. Ma l’Italvolley è andata oltre. Anche
perchè classificarsi al quarto posto nel Mondiale, confermarsi tra le
prime sei squadre per il quinto mondiale consecutivo (dal 1998) non è
certo cosa facile o scontata. Significa che il movimento dalla
sconfinata base riesce sempre ad esprimere una Nazionale di alto
livello, ad assicurare il ricambio necessario. 

Rispetto
a quattro anni fa, l’esplosione dei social network e del rapporto quasi
diretto tra pubblico e squadra, fra tifosi e giocatrici, è stato il
detonatore di un boom totale. Palasport pieni (328.000 spettatori in
totale), grandi numeri nei rilevamenti auditel: solo nelle ultime due
partite quasi otto milioni e mezzo di italiani hanno visto giocare
Chirichella & C. e perfino la finale tra Usa e Cina, come altre
partite in precedenza, ha avuto una importante platea televisiva
(800.000 telespettatori). L’entusiasmo e l’interesse sono cresciuti di
partita in partita. Certo, l’Italia vinceva sempre. 
Ma
piaceva il modo, la bellezza delle nostre donne e ragazze azzurre, il
loro carattere, la loro determinazione, la loro voglia di non arrendersi
mai sfatando luoghi comuni del passato, che volevano le donne gettare
la spugna quando finivano nella buca psicologica scavata dalle loro
avversarie. In questo Mondiale non è mai accaduto. Nessuna avversaria,
come ha giustamente ed orgogliosamente sottolineato Bonitta, ha
surclassato l’Italia. Uscita magari battuta ma a testa alta e dopo aver
fatto soffrire la sua avversaria.
Un’Italia
che non si è fatta condizionare dalle avversità dell’estate, da
infortuni ed operazioni, che non si è appellata alla cultura degli alibi
e che ha provato a vivere quest’avventura accettando le condizioni del
ct. 
Le
azzurre si sono sacrificate, hanno sorriso, hanno sognato (e fatto
sognare) finché hanno potuto. Solo al cinema gli eroi vincono sempre ed
in questi tempi bui per il Paese, il popolo del volley ha capito ed ha
decretato il trionfo morale delle eroine sconfitte ma non domate. Gli
spot di Fiorello, il tifo di tanti campioni dello sport italiano, la
promozione su Rai2, la visita e le parole del Premier Renzi che ha messo
a fuoco la forza della pallavolo femminile. Il legame tra le 280.000
tesserate (sui 367.000 totali, ma se si considerano enti di promozione e
beach volley si arriva al milione e duecentomila) che si divertono a
giocare nelle palestre spesso malridotte di tutta Italia e l’eccellenza
di questo sport, rappresentata appunto dalla Nazionale. Le azzurre,
veterane e giovani insieme, hanno indicato una strada, hanno espresso
unità d’intenti e valori caratteriali che hanno attratto tanta gioventù
italiana, disorientata e privata anche del diritto al sogno.

Leandro De Sanctis

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