CINEMA Il giovane favoloso

IL GIOVANE FAVOLOSO – Regia: Mario Martone. Interpreti: Elio Germano, Massimo Popolizio, Michele Riondino, Isabella Ragonese, Anna Mouglalis

Portare Giacomo Leopardi al cinema, con il suo pessimismo leopardiano, come frettolosamente etichettato, di questi tempi era una scelta coraggiosa. Così lontano, apparentemente, dalla gioventù contemporanea, così fuori moda per quel suo essere ripiegato su se stesso (anche fisicamente), così distante dal culto del corpo che ora impera, dell’apparire piuttosto che dell’essere. Eppure, in realtà, da una generazione di studenti all’altra, Giacomo Leopardi ha sempre attratto e affascinato chi si è lasciato contagiare dalle sue perole, dai sui pensieri, dalle sue riflessioni. Il merito del film di Martone è di avvicinare il mito Leopardi, di portarlo sullo stesso piano di un qualsiasi giovane tormentato ed infelice, che si senta prigioniero nella sua terra, nella sua casa, vessato da genitori che non capiscono e non lo comprendono, da una madre gelida e priva di umanità, una famiglia prigionera della morale ecclesiatica e cattolica.
Elio Germano è semplicemente fantastico nell’entrare e soffrire nel corpo infin deforme di Giacomo Leopardi, ingobbito sui libri e sui quaderni, la sua prigione, da cui vuole evadere ma da cui non riuscirà mai a staccarsi, a prendere la giusta distanza. Ma nemmeno il doloroso tradimento del suo fisico fiacca la sua voglia di vita, di fuga dal borgo natio, da quella Recanati che è stata la sua croce.
Una delle cose belle del film, indubbiamente impegnativo nel suo scorrere, è la fame di cultura che trasmette. Una febbre letteraria che rapiva, entusiasmava e faceva discutere, appassionare, litigare. Prevalentemente nei ceti elevati, certo, ma lasciando tracce anche nel popolino, per cui il traguardo poteva essere semplicemente imparare a leggere e a scrivere.

Martone lascia intuire pulsioni e tracce d’omossesualità in un Leopardi che incantava le donne con la sua mente e la sua qualità letteraria, sentimenti che non andavano oltre per le sue enormi problematiche fisiche. Ma, penso, all’origine Giacomo è attratto dalle donne, eccome. Se, forse, arrendendosi allo sfacelo del suo fisico, pensa anche ad altro, è solo per un ripiego mal riuscito di chi dalle donne si sente rifiutato. Ma, uomini o donne che siano, il fisico non sa regalargli che dolore. E come si arrabbia se qualcuno vorrebbe liquidare la sua poesia come inevitabile sfogo di frustrazione derivante solo dalla sua condizione e non come filosofia sulla condizione dell’essere umano. Ma è anche il destino di chi vede oltre, e la cui fotografia della reatà negativa viene scambiata per pessimismo. Leopardiano appunto.

Leandro De Sanctis

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