Hammamet, il film| Recensione

Non so perché Gianni Amelio abbia deciso di imbarcarsi in questa avventura. Hammamet, Tunisia, luogo dell’esilio (o della latitanza particolare) di Bettino Craxi, segretario del Partito Socialista e Premier della Repubblica italiana dal dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987. Subì due condanne definitive per corruzione e finanziamento illecito al Partito Socialista Italiano nell’ambito dell’inchiesta Mani pulite e alla sua morte erano in corso altri quattro processi a suo carico.
Questa in estrema sintesi la realtà, ma Hammamet, il film, si concentra sugli ultimi sei mesi di vita del politico e galleggia nell’inconsistenza, alla fine annegando senza entrare nel merito, senza chiarire, soprattutto alle giovani generazioni di spettatori, cosa fece il protagonista del suo film. Chi è stato.
Facciamo finta di non sapere che il protagonista della vicenda sia Bettino Craxi (anche se presentando il film Amelio ha detto che la sceneggiatura è stata fatta leggere ai figli e che la moglie ha concesso l’uso della villa tunisina per le riprese). Nel film non si fa mai il suo nome e perfino al figlio ad un certo punto viene fatto dire: Il caso C. non è chiuso.

Non si fanno nomi ma…

Stiamo al gioco e diciamo che di chiunque si parli, ciò che viene mostrato è solo il suo pessimo carattere, il suo essere cafone, la sua arroganza dittatoriale, in politica come tra le mura di casa (eloquente la scena in cui la moglie sta guardando un film in tv, lui arriva, si siede sul divano e cambia canale). Un politico che non sa rendersi conto della realtà, di quanto accade attorno a lui. Un uomo abituato ad avere sempre ragione e a non considerare ciò che gli dice chi vuole fargli aprire gli occhi. Un uomo egoista, goloso di cibo in maniera irresponsabile dato il suo diabete. Nulla sulla sua attività politica, soltanto soliloqui che nonostante le apparenze non vanno a fondo, restano generici e superificiali.

Favino, straordinaria performance

La qualità sta nella straordinaria interpretazione di Pierfrancesco Favino, che dopo cinque ore abbondanti di trucco quotidiano diventava un Craxi non meno vero del vero. Con una performance vocale stupefacente. Ed è probabilmente solo per Favino che il film verrà ricordato. Le sue fattezze fisiche, la sua voce alterata e modellata su quella del politico confermano una volta di più le qualità di un attore, probabilmente il migliore italiano in questo momento, che non è semplicemente un “imitatore” ma un interprete che si trasforma nei suoi personaggi (come anche nel precedente film Il traditore di Bellocchio), fondendo la scuola americana con la tradizione italica.

Padri, figli e troppi perché

Si è scritto molto, a proposito di Hammamet, del rapporto tra padri e figli come focus del film. Se voleva essere il tema portante del racconto, non è stato sviluppato bene. Al politico C. tra l’altro viene attribuita una frase orribile (“Meglio avere due figli così se ne muore uno…”) a sostegno del suo egoismo e della mancanza di reale empatia umana, espressa solo nel rapporto col nipote, del cui padre peraltro non sappiamo nulla. Vediamo una figlia condannata all’esilio per accudirlo. E un figlio maschio, rimasto a Milano, a cui riserva freddezza e disprezzo.
Una moglie che nel momento del possibile viaggio a Milano per l’intervento chirurgico decisivo, lo lascia con la figlia. Perfino l’amante (Claudia Gerini) è prima vagheggiata ma poi accolta quasi con gelido fastidio.
Non è parso convincente nemmeno l’espediente narrativo del figlio del defunto compagno di partito, che s’introduce nella villa di Hammamet per consegnargli una dura lettera del padre, e forse anche per ucciderlo. Perché ci sono figli che uccidono il padre e figli che cercano di salvarlo a tutti i costi, senza giudicare. E’ a lui e alla sua telecamerina che il politico si confessa, ma nemmeno questo verrà rivelato allo spettatore.

Troppi finali…

Le due ore abbondanti di film trovano il loro epilogo con molteplici finali. La toccante la scena in cui “C” racconta il suo sogno in Parlamento. Poi la fine reale nel giardino della villa di Hammamet; il surreale sogno del teatro dileggiante; il più intimo e milanese con la comparsa a piedi nudi tra le guglie del Duomo di Omero Antonutti, alla sua ultima apparizione cinematografica. In aggiunta il ritorno alla realtà: la visita nell’ospedale psichiatrico a uno dei “figli” del film, che langue sulla sedia a rotelle con lo sguardo fisso.
Decisamente troppo per un film irrisolto, lacunoso, ai miei occhi deludente. Specie ricordando la precedente opera di Amelio, La tenerezza.

Piefrancesco Favino trasformato in Hammamet, l'ultimo film di Gianni Amelio
Piefrancesco Favino in Hammamet, film di Gianni Amelio

Hammamet, la scheda del film

HAMMAMET – Italia, 2020. Regia: Gianni Amelio. Interpreti: Pierfrancesco Favino, Giuseppe Cederna, Livia Rossi, Renato Carpentieri, Alberto Paradossi, Luca Filippi, Silvia Cohen, Claudia Gerini, Federico Bergamaschi, Roberto De Francesco, Omero Antonutti, Adolfo Margiotta, Massimo Olcese. Durata 126 minuti. Sceneggiatura: Gianni Amelio, Alberto Taraglio. Musiche: Nicola Piovani.

Hammamet, il trailer

Hammamet, il film di Gianni Amelio, con Pierfrancesco Favino

Pierfrancesco Favino, la scheda

https://it.wikipedia.org/wiki/Pierfrancesco_Favino

Gianni Amelio, la scheda

https://it.wikipedia.org/wiki/Gianni_Amelio

Leandro De Sanctis

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