Destro e sinistro, gravi lacune e superficialità

Destro e sinistro, gravi lacune e superficialità. Un interessante sconfinamento nel calcio del professor Attilio Lombardozzi, che dimostra di saperla lunga e di applicare razionalmente e con una lucidità tanto logica quanto ineccepibile il suo straordinarie sapere. A sostegno, ma non ce ne sarebbe bisogno, posso aggiungere la mia personale esperienza. Come tutti da bambino e da ragazzo giocavo a calcio ogni volta che potevo. E fin da bambino, anche nell’età indicata da Attilio come fondamentale per il dominio di un emisfero cerebrale sull’altro e quindi della dominanza del piede destro o sinistro, mio padre mi faceva “allenare” nel gioco, a usare entrambi i piedi. Anche da soli, io e lui a passarci la palla. Perfino nel colpirla di testa (cosa più problematica poi in partita, per la mia statura): “Non aver paura, la palla non ti morde…”. Insomma, fin da bimbo mi abituai a calciare sia con il destro che con il sinistro. Per carità, il mio livello era quel che era, ma bastava a farmi divertire e ad entrare in squadra, tanto poi avrei preso un’altra strada professionale. E così giocai sia all’ala destra che all’ala sinistra ed ero in grado di tirare e crossare sia con il destro che con il sinistro. In età avanzata gli ultimi calci come terzinaccio aggressivo, tanto a destra quanto a sinistra. L’osservazione ponderata e mirata di Attilio, solleva il velo su incredibili lacune di chi guadagna milioni di euro con il calcio: giocatori ma anche allenatori e fin dai settori giovanili. Per la foto che illustra questo testo ho scelto un campione che ho amato molto: Giorgio Chiellini, esempio di calciatore che soprattutto in fase offensiva, usa solo il piede sinistro.

di Attilio Lombardozzi
Nel periodo che precede l’inizio del campionato di calcio i quotidiani sportivi mettono in evidenza le esigenze degli allenatori riguardanti l’inserimento di nuovi calciatori per migliorare le squadre soprattutto dal punto di vista tecnico-tattico. Il fenomeno incuriosisce e per alcuni aspetti stimola la riflessione di chi si interessa delle problematiche dei giochi sportivi (di cui il gioco del calcio rappresenta il più popolare).

Gravi lacune e simmetrizzazione

In proposito è sintomatico il caso posto dall’allenatore di una delle squadre romane che chiede di avere un “esterno di piede sinistro” per effettuare il cross dalla parte sinistra del campo. La richiesta provoca qualche considerazione non riguardante ovviamente la richiesta del tecnico, che non può e non deve essere messa in discussione anche perché non interessa in alcun modo lo scopo di questo scritto. Un primo quesito infatti dipende dalla constatazione che molti giocatori, pur partecipando ai campionati di più alto livello, presentino limiti fin troppo evidenti legati alla differenza di abilità nell’utilizzazione degli arti inferiori. Le domande che possono scaturire da tale constatazione sono di vario genere. La prima, ad esempio, parte dalla considerazione che la simmetrizzazione dei movimenti in alcuni giochi sportivi (soprattutto nel calcio) costituisce un esigenza primaria nelle fasi di gioco in cui gli avversari si trovano a distanza ravvicinata; per cui ci si chiede come sia possibile che giocatori di alto livello presentino così gravi lacune.
Una seconda domanda tende invece ad indagare sui motivi che provocano il mancato sviluppo della capacità di simmetrizzazione, e di conseguenza se gli allenatori si preoccupano di superare questa evidente lacuna prevenendola o risolvendola.

Entro i 5 anni di età matura la “dominanza” di un piede sull’altro


Al primo quesito si può rispondere in modi diversi. È possibile infatti che all’evidente difficoltà si possa sopperire con un elevato livello delle altre componenti le capacità di gioco, come è sicuramente dimostrato dalla maestria tecnico-tattica propria di diversi grandi campioni; oppure facendo agire sul campo il giocatore negli spazi a lui più congeniali, in modo tale da ridurre quanto più possibile l’utilizzazione del piede debole.
Il tema sicuramente più interessante, in ogni caso, riguarda i motivi che provocano e che inducono a sopportare limiti tecnico-coordinativi che riducono notevolmente le capacità di gioco, e a studiare le eventuali possibilità di intervento da parte degli allenatori. In questa prospettiva è necessario distinguere due fasi determinanti nella carriera dei giocatori: la parte iniziale, finalizzata alla loro formazione, e la fase delle competizioni in cui deve prevalere l’utilizzazione tattica.
Si deve considerare che i bambini iniziano a giocare liberamente negli spazi informali che le città lasciano a disposizione (sempre più ridotti per la verità) in una fase dello sviluppo evolutivo in cui matura il processo di “laterizzazione”, che prevede l’affermazione di un emisfero cerebrale sull’altro. Circoscrivendo il fenomeno al gioco del calcio viene definita, tra diversi altri fattori, la “dominanza” di un piede sull’altro. Questo processo termina intorno all’età di cinque anni e non deve essere intralciato. Continuando a giocare il bambino si troverà sempre più a suo agio utilizzando il piede dominante, e se si dedicherà alla carriera di calciatore continuerà ad usarlo sempre più se non ci saranno opportuni interventi da parte di chi lo segue. L’allenatore infatti potrà operare per potenziare il piede debole (questo è auspicabile), o utilizzare il piccolo atleta nei modi già illustrati, per ridurre il più possibile l’uso del piede debole nelle partite.

Superficialità nella metodologia dell’allenamento


Trattando la seconda ipotesi, quella del giocatore affermato che sopporta il penalizzante squilibrio di abilità tra i due piedi, ci si domanda se gli allenatori ritengano questo un limite superabile con allenamenti specifici o se altre cause rendono tale ipotesi impraticabile. A tal proposito sarebbe molto interessante effettuare un’inchiesta per conoscere le opinioni degli allenatori in merito, ma l’ipotesi più attendibile è che in materia di metodologia dell’insegnamento, disciplina che negli sport di situazione è determinante, tra i tecnici ci sia molta superficialità.
Non può essere questa la sede per approfondire il tema. Può essere però l’occasione per far notare ai tecnici e agli stessi giocatori che la tendenza alla “simmetrizzazione” dei movimenti, oltre ad agire per completare il corredo delle abilità di cui poter disporre, influenza positivamente, come ben spiega W. Starosta, anche le abilità acquisite grazie alla simmetria degli schemi motori su cui si basano. L’argomento richiederebbe maggior attenzione soprattutto nei programmi per la formazione degli allenatori.

Leandro De Sanctis

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