ATLETICA Schwazer, ingiustizia è fatta

 

Ingiustizia è fatta! A Rio de Janeiro è stato crocifisso il marciatore azzurro campione
olimpico Alex Schwazer, come mirabilmente sintetizza la vignetta di
Serena Stelitano
. Otto anni di squalifica e fine della carriera. Una sentenza durissima anche per un dopato, figuriamoci per un innocente. “Otto anni? Ne ha presi meno Pistorius per un omicidio…!” ha commentato argutamente la mia amica Verena Guidi, interpretando il pensiero di molta gente estranea alla vicenda e agli intrighi dell’atletica.
Il TAS ha confermato di essere un Tribunale Anti Schwazer (TAS, appunto), come peraltro si era ampiamente capito dalle sue prime arbitrarie decisioni. Come spostare da Losanna a Rio un’audizione che poi è stata mortificata e resa incompleta, non dando alla difesa la possibilità di spiegare il suo punto di vista, per controbattere al piano accusatorio della Iaaf, che è stata accontentata in tutto e per tutto, fino alla scandalosa sentenza.
Un arbitro dovrebbe per definizione essere super partes, il TAS non lo è stato. Un prezioso e subdolo alleato, piuttosto.
Per la Iaaf. La Federazione Internazionale di atletica e la Wada, hanno tenuto un comportamento decisamente censurabile, in questo caso di doping talmente anomalo e contronatura da risultare fasullo ad un primo approfondimento. Per non parlare di tutto ciò che ha seguito, da quel 1° gennaio 2016 e di quante regole sono state infrante da chi ha deciso ed effettuato prelievi tutt’altro che a sorpresa ma collocati scientificamente in modo da avere il tempo necessario per…fare ciò che ormai è chiaro a tutti. Nel post linkato in coda il riassunto di molte puntate precedenti di questa vergognosa vicenda. 
Quando Alex Schwazer decise di tornare, per essere al di sopra di ogni sospetto, rispettando i suoi avversari futuri, si affidò all’uomo che sull’altare del doping era stato costretto (dagli altri, dal potere visibile e invisibile) a sacrificare tutta la sua carriera e la sua vita professionale. “Con lui solo atleti puliti, dimostrerò che so vincere di nuovo. E vincerò in modo pulito”. 
Non sapeva, nè immaginava, che i nemici di Alessandro Donati erano solo cellule dormienti di un terrorismo sportivo che non aveva smesso di esistere, nemmeno quando il potere istituzionale era passato in altre mani. Lobbying, sistema di pressione. Chi corre per accaparrarsi la sciagura dell’organizzazione di un’Olimpiade se ne fa anche vanto e lo dice apertamente: non vince spesso la migliore candidata, ma chi sa fare meglio lobbying. Più chiaro di così. Beh, quell’intreccio di poteri che dall’Italia si estende ancora alla Iaaf, alla Wada, al Tas, è risultato una trappola inestricabile per Schwazer e il suo staff, composto da persone perbene: Donati, Mario De Benedictis (che anche quando allenava il fratello Giovanni, campione marciatore anche lui, non omologato all’andazzo generale, assisteva a denti stretti a fenomeni mai chiariti), i professori D’Ottavio e Ronci che hanno marcato Alex a suon di controlli, come nemmeno Gentile su Maradona ai Mondiali dell’82…E tanti altri, orgogliosi di far parte della squadra della marcia onesta, del gruppo di soccorso per un uomo che voleva rinascere cancellando il suo peccato del 2012.
Forse ci vorranno anni per avere sentenze che coincidano con la verità vera, non la falsa realtà propinata dalla Iaaf con l’avallo e nessuna opposizione di Wada e perfino della Nado Italia, che ha subito perso credibilità. C’è solo da sperare che la Commissione antimafia che ha ascoltato a lungo Donati, acceleri almeno il varo di un ente controllore slegato dal Coni e dal passato, da ogni tipo di condizionamento. La Nado Italia nella vicenda Schwazer bis ha dimostrato di non saper/voler ragionare: e se non ha capito la portata e la natura di questo caso, non è degna del suo ruolo. A guardare i numerini degli articoli di legge e basta, sono capaci tutti. Si chiedeva spessore umano e politico, coraggio di andare oltre, fiducia nell’uomo che, da solo o quasi, ha contrastato il doping per ventinove anni (29!). Come minimo per porsi delle domande, per coltivare il dubbio. Invece la Nado Italia si è detta concorde in tutto con gli aguzzini di Schwazer e Donati. Ha ragione chi dice, alla luce degli ultimi eventi (e chissà che anche la beacher Viktoria Orsi Toth non sia incappata in qualcosa di anomalo) che c’è una cosa peggio del doping: questo antidoping, che non fa differenza tra atleti che si dopano e complicati format mal riempiti, tra squalifiche lampo rintracciabili solo a sospensione scaduta. Un antidoping che pare essere diventato strumento per esercitare potere (senza dimenticare i recenti ricatti e le trame della vicenda del doping di stato della Russia). Del resto il mondo va avanti tra bugie e corruzione, esaltando l’illecito e il ricavo economico: poteva essere diverso lo sport, che mette il potere nelle mani di dirigenti che si coccolano in alberghi a cinque stelle, lucrando la bella vita, anche in sport piccini piccini, senza curarsi degli atleti, che dello sport dovrebbero continuare ad essere i veri protagonisti.

La vignetta gentilmente messa a disposizione è
di Serena Stelitano *

* Serena Stelitano è una disegnatrice calabrese, cresciuta a Brescia. Per dieci anni si è dedicata alla cucina nel ruolo di cuoca, ultimamente ha ripreso la sua grande passione per il disegno, nelle sue varie forme artistiche. Vive nelle campagne emiliane con il suo compagno e tre cani. 

https://www.vistodalbasso.it/2016/08/11/atletica-schwazer-ha-dimostrato-che-si/ 

Leandro De Sanctis

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