Il Tempo, eravamo insieme. L’amarcord di Silio Rossi

Il Tempo, eravamo insieme tutto il resto l’ho scordato. L’amarcord di Silio Rossi è diventato un libro. Quando un giornalista va in pensione chiude un capitolo della sua vita e tante volte ho sentito “minacciare” la scrittura di un libro che raccontasse aneddoti e vita di redazione, magari per togliersi qualche sassolino dalle scarpe consumate dal lungo viaggio. Ma nessuno o quasi in realtà poi lo fa, anche se effettivamente credo che ogni giornale avrebbe tutto per diventare protagonista di un racconto che possa trasformarsi in uno spaccato di vite vissute, spesso condite da aneddoti divertenti o squarci velenosi sui difetti dei comandanti e dei colleghi.
Silio Rossi è l’eccezione, lui il libro l’ha scritto e leggerlo è stato un piacere. Si parla di un quotidiano romano, Il Tempo, che ha vissuto anni di gloria e che è stato insieme con Il Messaggero, il giornale di riferimento per generazioni ormai lontane, quanto l’epoca migliore della stampa in generale.
Silio sfoglia l’album dei ricordi con il sorriso, con dolce e divertita nostalgia. E correda il suo racconto con un ricco contributo fotografico, oltre che con l’ausilio dei ricordi di ex colleghi e di tipografi. Un viaggio nella memoria di un giornalista sportivo che ha vissuto una lunga avventura nel mondo del giornalismo e del calcio soprattutto, cominciata grazie a una delle due possibilità che si offrivano allora a chi voleva fare questo mestiere. La migliore. Quella per la quale bisogna ringraziare solo se stessi.
Mi ha fatto molto piacere che Silio Rossi abbia ricordato come si entrava allora in un giornale: o perché si conosceva qualcuno e si sfruttava la classica raccomandazione, oppure perché si era bravi. O comunque si lasciava intuire di essere dotati di qualità giornalistiche che sarebbero cresciute lavorando, sul campo, in redazione e con l’esperienza.
Come capitava in molti giornali quando c’erano le tipografie, quello era uno dei luoghi culto per situazioni e battute. Per gli scherzi, inevitabili, a volte crudeli, comandavano invece le redazioni.
Chiunque abbia lavorato in un giornale, o anche solo sperato di farlo, leggendo i ricordi di Silio e del Palazzo Wedekind (Il Tempo è ancora oggi in pieno centro di Roma, in Piazza Colonna, a due passi da Palazzo Chigi) godrà del racconto. Sempre garbato, condito da buone parole per i colleghi che ha scelto di evidenziare e che hanno condiviso giornate e trasferte con lui. Il problema è che Il Tempo eravamo insieme, tutto il resto l’ho scordato non è in vendita nelle librerie. Ma si può contattare Silio se si è interessati, anche nella sua pagina Facebook.

Silio Rossi e io…

Non posso non agganciarmi a Silio Rossi, visto che è il momento dei ricordi. Mi permetto di aggiungerne uno anche io. Nel mio percorso giornalistico ho trovato per due volte Silio Rossi sulla mia strada. La prima tanti anni fa, diciamo nel secolo scorso (anni ’70). Per un periodo ho seguito il calcio minore romano, a livello di campionato di Promozione, e scrivevo proprio per Il Tempo. La domenica pomeriggio la consegna era andare in Piazza Colonna, entrare nel Palazzo Wedekind e se non rammento male salire un piano di scale. Il portone si apriva e consegnavo il foglio con il resoconto della partita che avevo seguito al mattino, 15 o 20 righe comprensive del tabellino. Il destinatario era proprio Silio Rossi, che però non vidi mai. Insomma: all’attenzione di Silio Rossi era l’aggiunta a penna fissa sul retro del foglio scritto a macchina.
Per un periodo abbinai la mia collaborazione con Il Tempo, scrivendo la stessa partita per l’edizione regionale Lazio de Il Messaggero, che voleva invece un articolo più lungo, non meno di 30 righe. Sembrerà curioso, ma allora bastavano anche solo dieci righe di resoconto calcistico per comprendere se un aspirante giornalista era portato o meno.
La seconda volta, molti anni dopo, quando Silio Rossi fu chiamato a dirigere l’ufficio stampa di una squadra di pallavolo, la M Roma, dove M stava per Mezzaroma. E fu l’occasione, finalmente, per conoscerlo.

Walt Whitman, poeta statunitense

Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l’ho scordato… 
E’ una frase del poeta statunitense Walt Whitman, che fu anche scrittore e giornalista. Foglie d’erba è la sua più celebre raccolta di poesie, famosissima O capitano! Mio capitano! divulgata in ogni angolo del globo cinematografico dal film di Peter Weir, L’attimo fuggente (Dead Poets Society, 1989) , con Robin Williams interprete principale.

Il Tempo. Eravamo insieme, tutto il resto l'ho scordato, di Silio Rossi. Il sommario
Il Tempo. Eravamo insieme, tutto il resto l’ho scordato, di Silio Rossi. Il sommario

Leandro De Sanctis

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