Mi chiamo Francesco Totti | Recensione

Mi chiamo Francesco Totti è un docufilm straordinario, semplicemente bello e toccante. L’opera migliore di Alex Infascelli, che riesce a raccontare la storia del campione della Roma fondendo i vari elementi che hanno reso unica l’avventura calcistica di un grande campione. Fondamentale la complicità di Francesco, che scorre i suoi 25 anni all’Olimpico raccontandosi con il suo stile, genuino e naturalmente divertente, da quando era un bimbo che sognava a quando si sono spenti i riflettori, in quel pomeriggio (28 maggio 2017) in cui allo Stadio Olimpico tutto il suo popolo pianse lacrime che esprimevano il dolore per un’epoca indimenticabile che si chiudeva. “Solo” di Claudio Baglioni è stata scelta come appropriata colonna sonora di quei momenti…
Mi chiamo Francesco Totti è un film emozionante, divertente, commovente, con la sua voce narrante che mette a nudo sentimenti e momenti della sua vita e della sua carriera. Cose belle e periodi sgradevoli, raccontati dal suo punto di vista, certo, ma senza farsi sconti: ci sono anche i momenti di cui non va fiero (qualche reazione scomposta, qualche calcione, lo sputo a Poulsen) ma importanti in questa specie di seduta di autoanalisi.
Preziosi i filmati d’epoca del Totti ragazzino, che faceva gol sui campetti di terra (Fortitudo, Trastevere, Lodigiani) come poi li avrebbe realizzati nei grandi stadi. Perché quella vissuta da Totti è stata anche una bellissima favola, la storia di un ragazzino romanista che sognava di indossare la maglia della sua squadra del cuore. Al punto che la casacca giallorossa sarebbe stata l’unica della sua carriera, Nazionale a parte, nonostante le tentazioni miliardarie dei club che lo avrebbero voluto, Real Madrid in primis. La scelta di rimanere alla Roma, (con cui ha vinto uno scudetto, due Coppe Italia, due Supercoppe) rinunciando a soldi e soprattutto a possibili vittorie lo ha reso speciale, anche se il congedo quasi forzato fu non poco amaro, a causa della singolare condotta del suo ultimo tecnico, Spalletti, con cui tanto aveva legato nella prima stagione vissuta insieme.
Totti ha parole splendide per i suoi maestri Mazzone e Zeman (e per il primo Spalletti), il ricordo del ct Lippi,che lo attese dopo il tremendo infortunio, e del Mondiale vinto con la Nazionale a Berlino nel 2006.
L’ammirazione per Giannini, il rapporto con Roma e con i tifosi, la stima e l’amicizia con i compagni di nazionale con cui giocò fin dagli anni delle selezioni azzurre giovanili. Il saluto di Del Piero e Figo, la Lazio (che lo avrebbe voluto, ma la famiglia, romanista, lo dette alla Roma appunto). Il tentativo di Carlos Bianchi di farlo cedere (“O lui o me”), l’amicizia con Cassano.

Lo scudetto del 2001

Uno spazio speciale ha occupato lo scudetto giallorosso del 2001, il terzo e ultimo della società. L’arrivo di Sensi, l’amore con Ilary e i figli. Il legame con Vito Scala, i suoi parenti che lo hanno seguito in ogni partita. La commozione dell’addio. Con il film che si incornicia alla vigilia dell’ultima notte. Il bilancio di un uomo che è diventato un monumento di Roma, il cui unico rammarico è quello di non poter vedere e scoprire la sua città come una persona qualunque, perennemente condannato a firmare autografi e posare per foto ogni volta che la gente lo riconosce.
In un calcio che non conosce più bandiere, Totti ha saputo esserlo, sventolando fino alla fine, sopportando anche un trattamento insopportabile. Destino che in qualche modo lo ha accostato al suo amico juventino Alessandro Del Piero, messo alla porta senza troppi riguardi. Campioni ancora capaci di fare la differenza ma diventati scomodi e ingombranti. A suo tempo pensai che Totti avrebbe fatto bene a lasciare la Roma dopo quegli indimenticabili ultimi tre minuti di Roma-Torino (campionato 2016), quando con un gol e un rigore trasformato, tramutò l’umiliazione del suo allenatore in un trionfo personale e di tutta la tifoseria.
E tutto è raccontato alla sua maniera, come solo Francesco sa fare, capace di suscitare sorrisi con la sua naturale ironia. E di far capire anche a chi non sa nulla di calcio, cosa può essere l’amore per il calcio vissuto da un bambino, da un ragazzo, da un uomo che ha saputo anche restare per sempre fanciullo.

E il film resta in sala

A grande richiesta, visto il successo di pubblico, il film Mi chiamo Francesco Totti, evento che avrebbe dovuto restare nei cinema di Roma per soli tre giorni, è entrato nella normale programmazione in molte sale.

Mi chiamo Francesco Totti, il trailer

Il trailer del film di Infascelli su Francesco Totti

Leandro De Sanctis

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