Corona Fagioli la Rai e il bavaglio che vale solo per i giornalisti

Corona Fagioli la Rai e il bavaglio privacy che vale solo per i giornalisti.
La triste vicenda dei calciatori che scommettono si è trascinata dietro tanta spazzatura, sublimata dai soldi (da 30.000 euro pare ora che l’ingaggio sia stato intorno ai 10.000 euro, a quel che si legge) che la Rai avrebbe dato al signor Fabrizio Corona, noto per le vicende che lo portarono in carcere più che per le sue foto. Ieri sera ha partecipato a una trasmissione su Rai3 (Avanti popolo) che in un sussulto tardivo di etica e legalità, non ha giustamente mandato in onda le registrazioni-rivelazioni esclusive da lui promesse.
Il signor Fabrizio Corona poi ha inondato il web con il suo sdegno, sostenendo di essere stato censurato e di spiacersi per i telespettatori. Ok, è vero che io non sono un telespettatore, ma posso garantire che non mi è affatto dispiaciuto non sapere le sue “rivelazioni”, tra le quali “le voci di quattro giocatori che parlavano di scommesse e di soldi”.
Non so se fossero interviste legalmente registrate o intercettazioni rubate (e fatte da chi?). Non so se parlando di ore di lavoro (lavoro? certe cose non dovrebbero chiamarsi in altro modo?) di rischi e di immensi sacrifici dicesse sul serio. Si sente preso in giro dalla Rai, ma non si pensa ai telespettatori e a quanti si sentono presi in giro dalla sua interpretazione disinvolta del lavoro e delle notizie, diffuse prima e diversamente da quelle dei canali di giustizia. E comunque se ha ricevuto 10.000 euro, direi che la “presa in giro” è stata ben retribuita.
Inevitabile chiedersi come mai le leggi che i giornalisti interpretano come un bavaglio, rischiando se non si limitano a dare ciò che esce dai canali istituzionali delle Forze dell’Ordine e quando le notizie non sono un ostacolo alla Giustizia, questo signore (e a ruota la Rai se avesse mandato in onda tutto) può per clic e soldi bypassare le regole che invece limitano e minacciano il giornalismo? Come fa ad avere documentazioni che nemmeno gli inquirenti possiedono?

Legge sulla privacy, perché per lui non vale?

Prendiamo la legge sulla privacy. Viene chiamata in causa ogni volta che si vuole nascondere qualcosa che riguarda la sfera individuale, spesso o talvolta anche quando si tratta di eventuali reati. Perché allora il signore di cui sopra può impunemente minacciare, anticipare, anche che a giorni diffonderà l’elenco dei giocatori gay della Serie A di calcio? 1) Come fa a saperlo? Da quale rete e in che modo ha attinto queste informazioni che riguardano la privacy di questi giocatori? Non è un reato fare ciò che vuole fare il signor Corona? E sarebbe un reato anche se fosse stato, come dire, testimone diretto con ognuno dei nomi che vorrebbe rendere pubblici, alimentando il trash e i fenomeni di distrazione di massa che hanno reso l’Italia quel che è diventata. Penso che situazioni familiari, lavorative private, salute e gusti sessuali siano la quintessenza della privacy. Se uno vuole condividere e rendere pubblico, liberissimo di esprimersi. Ma se qualcuno entra così violentemente nelle sue cose senza autorizzazione, non è una palese e illegale violenza, una sorta di stupro verbale a mezzo mediatico? Mi scuso per l’uso della parola, fin troppo vissuta e letta, ma è per rendere l’idea.

Il divieto di pubblicità su gioco e scommesse

Fagioli e gli altri, è anche un insulto alla gioventù disoccupata

La vicenda che per ora coinvolge Fagioli, Tonali e Zaniolo, tutti giocatori giovani e con una lunga carriera davanti, almeno prima che scoppiasse questo caso, è stata un’altra mazzata al mondo dello sport e del calcio (italiano) in particolare. Ho conosciuto persone “normali” vittime di ludopatia e non erano calciatori: la donna matura perennemente seduta dinanzi alla macchinetta gioco del bar, l’uomo maturo che incessantemente acquista biglietti del Gratta e vinci e similari, il disoccupato o il pensionato che da decenni giocano tenacemente più di quanto potrebbero permettersi in maxi schedine al SuperEnalotto. Del resto, non è lo Stato il primo a guadagnarci con la diffusa ludopatia?
Non ho mai creduto all’efficacia della legge che vietava la pubblicità delle scommesse: ho sempre pensato che fare pubblicità avrebbe dovuto essere consentito. Ma una forma di pubblicità, come dire, limitata a maglie sponsorizzate, spazi sulla stampa, spot chiaramente pubblicitari in appositi spazi delle trasmissioni. Non certo al modo interattivo con cui le televisioni stimolano attivamente, incessantemente, non dico invitano ma insomma…
Quella è la pubblicità da combattere, anche se sono giornalisti a prestarsi, per doveri di testata televisiva o per convenienza personale. Il vero e grave reato non penso sia se un calciatore scommette su partite alle quali non partecipa, sono anche elastico in tal senso. Ma è grave se un calciatore scommette su partite alle quali prende parte, avendo modo tra l’altro (ma sarebbe ancora una cosa diversa) di compartecipare al determinarsi del risultato. O alle scommesse apparentemente collaterali: ammonizioni, autoreti, espulsioni, falli di mano. Oggi si può scommettere su tutto. Le scommesse su canali legalmente autorizzati consentono anche il controllo e riducono la possibilità (necessità?) di rivolgersi alle piattaforme illegali. E qui entrano in ballo questi giovani calciatori che hanno tradito se stessi e i loro tifosi.
L’entità mostruosa delle cifre che scommettevano, se è vero quel che leggo sul debito di tre milioni di euro che Fagioli doveva a malavitosi serbi, può entrare in circolo solo nel mondo dell’illegalità.
C’è anche un’altra verità di cui poco si parla. Questi calciatori, tutti al di sotto dei 24 anni, hanno sputato sulla loro vita agiata, sul loro talento, sulla passione di chi ha creduto in loro. Su tutti i loro coetanei che non trovano un lavoro e non sanno come potrà essere la loro vita. Sui coetanei che un lavoro magari lo hanno anche trovato ma sono schiavizzati e pagati con compensi ridicoli, anche poche centinaia di euro al mese. Come si può, da parte di questi giovani baciati dalla fortuna e dal talento calcistico, ignorare tutto questo?
Confesso che in particolare la vicenda di Fagioli mi ha profondamente colpito e addolorato, perché è un giocatore che ho seguito e stimato da tempo, da quando emerse nelle giovanili della Juventus. Emotivamente partecipe dei suoi momenti calcistici peggiori e delle giornate di gloria, augurandomi una sua ulteriore crescita, magari l’approdo in Nazionale.
Leggo sul Corriere dello Sport di stamane l’articolo di Giorgio Marota sul patteggiamento, sulla squalifica di un anno e mezzo ridotta a sette mesi con l’aggiunta di un piano terapeutico di sei mesi e almeno dieci incontri in cinque mesi in cui Fagioli dovrà andare in giro per l’Italia a parlare della sua vicenda con associazioni dilettantistiche, centri federali e centri per il recupero dalla dipendenza dai giochi d’azzardo. Giusto. Però penso che a tutto questo andrebbe aggiunta anche una serie di incontri con società e calciatori già professionisti, con chi può trovarsi nella sua stessa posizione, con tanti soldi da dilapidare nel peggiore dei modi. Detto ciò è importante che nel dare la condanna si sia affermata anche la volontà istituzionale della riabilitazione. Nicolò Fagioli sta pagando e pagherà sulla sua pelle. Anzi, bisognerebbe d’ora in avanti “marcarlo” stretto, per evitare ricadute (ma spero che la lezione gli stia servendo) ma anche e soprattutto possibili e devastanti momenti di depressione. Punito il giocatore, in modo equo credo, anche se si prova rabbia e delusione per ciò che ha fatto, mi auguro che non venga abbandonato o ripudiato.


Leandro De Sanctis

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