Mimmo Locasciulli, Edoardo De Angelis e la musica per reduci

Mimmo Locasciulli, Edoardo De Angelis e la musica per reduci. Un post dolente e appassionato di un musicista che amiamo. Una passione condivisa, una telefonata tra amici e la voglia di dare un seguito a quelle riflessioni. Nella speranza di accendere una scintilla di curiosità che alla lettura faccia seguire l’ascolto. (lds/vdb)

di Fausto Narducci

In attesa del Festival di Sanremo, in cui la canzone d’autore ha sempre meno cittadinanza, chi esercita le sue passioni musicali fuori dal mainstream sente l’obbligo di riflettere su un post recentemente pubblicato da un esponente storico di quella corrente che una svolta si chiamava appunto “cantautori”. Parliamo di Mimmo Locasciulli che pure nella notte dei tempi (era il 1985) ha registrato due partecipazioni a Sanremo: una in proprio (con Buona Fortuna, 19^ classificata) e una come autore per Roberto Kunstler (con Saranno i Giovani, esclusa dalla finale) che oggi apprezziamo soprattutto come paroliere di Sergio Cammariere. Dopo aver vinto l’iniziale reticenza, il medico in pensione nato a Penne, classe 1949, ha deciso di analizzare quale spazio fosse concesso alla radio, sui quotidiani, sui siti web “al mio linguaggio musicale”, “quali le condizioni per conservare una minima visibilità”, “quale il costo in termini di spesa di me stesso per reggere un confronto con un meccanismo così assordante, così omologante”. Conclusione ovvia: “Confesso che a volte ho la strana sensazione di scrivere e cantare per una sparuta platea di reduci”.

Mimmo Locasciulli, il suo pensiero condiviso

Facendo parte di questa categoria, non possiamo che condividere il pensiero “locasciulliano” non in senso assoluto: è ovvio che non calerà mai l’attenzione nei confronti dei cantautori di prima schiera che si sono conquistati, meritatamente, un posto al sole. Da Francesco De Gregori, antico sodale di Mimmo, a Francesco Guccini, che ha rotto il fronte della digitilizzazione forzata, con un album esclusivamente in vinile di successo. Ma per quasi tutti gli altri reduci del cantautorato glorioso degli Anni 70 e per molti altri “reduci” del Folkstudio, lo spazio concesso dai mass media per coltivare un nuovo pubblico (quindi escludendo i coevi) è vicino allo zero. Non per niente sono tanti quelli che hanno abbandonato la scena. Potrei scegliere un album a caso dall’apposito scaffale della mia libreria dedicato ai cantautori “dimenticati” per citare nomi che non direbbero niente ai fruitori della musica di oggi, ma questo fa parte della naturale evoluzione dei costumi. Che però non si dia nessuna possibilità di allargare il pubblico dei reduci a nomi storici del cantautorato come Mimmo o Renzo Zenobi o Mario Castelnuovo (per citarne due a caso) mi sembra un’ingiustizia che va oltre le regole del mercato a cui si piega oggi l’informazione. 

Perfino le riviste specializzate (per non parlare di Sanremo) oggi seguono i gusti del pubblico anziché guidarli o anticiparli e in questo circolo vizioso si ingrossa sempre di più la lista dei musicisti destinati all’oblio. Se non altro Locasciulli, grazie alla sua attività di produttore, può permettersi di sfornare album con regolarità come i recenti Intorno a trentanni revisited (2022), 22 canzoni (2019) e Cenere (2018) anche se il ricorso alla “rivisitazione” per sua stessa ammissione deriva anche da un appannamento della vena creativa.

Edoardo De Angelis, il cantautore necessario

Ma a dimostrazione che non tutto è perso, nel senso letterale dell’espressione, c’è sempre qualche bella notizia a infrangere il fronte del silenzio (almeno per noi reduci). Segnalo infatti che una delle perle del canzoniere locasciulliano, Gli occhi, è presente, con l’accompagnamento dello stesso autore al piano, nell’album più bello che ho ascoltato negli ultimi tempi, con un titolo che è la sintesi di quanto espresso fino ad ora Il cantautore necessario 2. Chi aveva apprezzato il volume 1 ha già capito di cosa si tratta: la nuova puntata di cover sfornata dal mitico (non trovo altra espressione) Edoardo De Angelis, a cui la qualifica di “autore di Lella” o membro della “Schola Cantorum” sta sempre più stretta. Al pari di Locasciulli, De Angelis appartiene alla schiatta dei cantautori romani da cui sono emersi De Gregori e Venditti (non sempre solidali con i colleghi dimenticati) di cui può considerarsi quasi il capostipite. 

Non mi soffermo sull’immensa produzione su vari fronti del titolare della scuderia “Cantare in italiano” ma, grazie all’apporto del chitarrista Michele Ascolese e di tanti nomi della vecchia scuola (fra cui il ritrovato De Gregori), vi assicuro che stiamo parlando di qualcosa vicino alle corde di Johnny Cash o del produttore Rick Rubin: vocione in primo piano che, sull’arpeggio del fido Ascolese, riesce a dare nuova vita a brani, talvolta secondari, di Franco Battiato (”Prospettiva Nevsky”), Fabio Concato (“Prendi la luna”), Paolo Conte (“Sparring Partner”), Goran Kuzminac (“Stella del nord”), Francesco Guccini (“Vorrei”),  Claudio Lolli (“L’amore ai tempi del fascismo”), Vasco Rossi (“Jenny è pazza”), Gianmaria Testa (“Gli amanti di Roma”), Roberto Vecchioni (“Blumun”), Antonello Venditti (“Le cose della vita”) e Zucchero (“Un piccolo aiuto”). 
Grazie al solerte ufficio stampa di Marialuisa Roscino, una volta tanto, sono stati divulgati per tempo alla stampa i particolari dell’opera e anche della lunga tournèe che Edoardo De Angelis ha aperto il 29 gennaio a Palmi (Reggio Calabria). Io mi limito a invitare gli estimatori di Mimmo ad ascoltare la versione di “Occhi” che mi sembra bella come l’originale, con una enfasi sulla pronuncia delle parole che mette i brividi. Edoardo, che ha avuto l’ultimo bagliore di notorietà a una recente festa del “Primo Maggio” romano ma solo facendo ricorso all’abusata Lella (come se tutto si fosse fermato alla canzone scritta a scuola e pubblicata come Edoardo & Stelio) merita di essere riascoltato anche come autore di altri capolavori in un ideale canzoniere per… reduci.

Fausto Narducci

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