Schwazer, Donati e la forza di portarli in tribunale

Schwazer, Donati e la forza di portarli in tribunale. Uno vero però, come quello che ha assolto Alex per non aver commesso il fatto, non farsesco e obbediente come quelli dello sport. Non sarà facile agire nei tempi consentiti, per varie ragioni. Prima ci sarebbe ancora la tappa della Corte Europea per i diritti dell’uomo, che però presenta costi elevatissimi a dispetto del nome, a meno che non si intenda per i diritti dell’uomo ricco.
Sandro Donati ha commentato in maniera chiara l’epilogo sportivo di questa vicenda, parlandone anche con Xavier Jacobelli direttore di Tuttosport oltre che con i vari media.
“E’ un dramma per lo sport, l’ultima beffa, anche considerando la modalità con cui abbiamo saputo della sentenza: uno dei suoi più costanti aggressori, una persona che mi odia e che è stato il regista di tutta l’operazione, l’ha comunicata a un indirizzario nel primo pomeriggio e poi qualcuno l’ha detto a me.
A Losanna c’è una cittadella che governa tutta la giustizia sportiva internazionale: il Cio, la Wada, il Tas e il Tribunale di ultimo appello. Manca solo l’addetto alla ghigliottina. Il sistema è assolutamente autoreferenziale, incontrollato e incontrollabile, come dimostra il caso di Alex. Lui ha provato in tutti i modi a vedere riconosciuto il suo diritto di andare a Tokyo. Tre giorni fa, ha marciato per 42 km con un tempo che, se gareggiasse oggi alle Olimpiadi, lo piazzerebbe già al quarto-quinto posto?
Ripeto: due ore prima che l’avvocato di Schwazer ricevesse ufficialmente la notizia dalla Svizzera, la stessa circolava già sui siti in questi anni in prima fila ad attaccare Alex e me, in maniera ignobile. Come è possibile? Questa non è giustizia. Hanno cercato di mettere in ridicolo il giudice di Bolzano, addirittura dicendo che in sede penale, Wada e World Athletics non avevano avuto la possiblità di esprimersi… Ma se durante le udienze, per il novanta per cento della durata parlavano sempre e soltanto i loro avvocati. Come sarebbe andata a finire l’avevamo capito quando il 6 maggio il Tas aveva respinto la richiesta di misure urgenti per ottenere la sospensione della squalifica e poi, quando Wada e World Athletics avevano ottenuto la proroga fino al 7 giugno per inviare le loro memorie. Un’evidente manovra per allungare i tempi, tirarla per le lunghe. Abbiamo presentato tre ricorsi e tutti e tre sono stati respinti».
Donati annuncia il proposito a cui si sta pensando: «Alex non potrà marciare a Tokyo e noi, forti dell’ordinanza del gip altoatesino e del proscioglimento da lui sentenziato, faremo causa penale, civile e chiederemo un pesantissimo risarcimento danni a Wada e World Athletics. Le trascineremo davanti a un tribunale vero. Sottolineo vero»
E’ ciò che accadrà se Alex riuscirà ad aggirare le ulteriori difficoltà trovando la forza, in tutti in sensi, di proseguire la sua battaglia. Purtroppo per lui e per la verità, tempo e risorse preziose sono state assorbite in una partita che dal di fuori sembrava persa in partenza, perché non si è mai visto…un criminale che dopo aver commesso un reato si auto condanna. Anche questo aspetto fa però capire quanto Schwazer fosse determinato ad affermare la sua innocenza, riconosciuta dall’unico vero Tribunale da cui è stato giudicato.

Sport non diverso dal mondo: il potere è marcio

Personalmente, registro la chiusura di una vicenda che di sportivo non ha avuto nulla e che per quanto mi riguarda ha sancito la morte dello sport, considerato il livello criminoso e di corruzione espresso da enti e personaggi per i quali l’imbroglio e l’aggiramento delle leggi sportive sono sempre stati pane quotidiano, cotto nel forno della certezza dell’impunità. Una lenta agonia durata cinque anni.
Ma il potere sportivo sa dimenticare in fretta anche le malefatte e c’è chi non paga mai davvero.
Sotto il profilo professionale, la vicenda Schwazer mi ha illuminato anche sul livello etico di presunti giornalisti, arroccati sulle convenienze del potere, pronti a voltare le spalle alla verità per amicizia o convenienza, per antipatie o cameratismo, per godere di privilegi in palese contrasto con la carta etica del giornalismo. Come facciano a guardarsi allo specchio senza imbarazzo, a non provare almeno un po’ di vergogna e a definirsi ancora giornalisti, è un mistero che non mi interessa svelare. Così va il mondo. E lo sport non è diverso.

Leandro De Sanctis

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