Pechino 2022 | Prima giornata in bianco, amarezza Moioli

Pechino 2022 | Prima giornata in bianco, amarezza Moioli. Il collega Fausto Narducci, che ha seguito nove Olimpiadi per la Gazzetta dello sport, scrive per noi di Pechino 2022. Ogni giorno il pagellone dell’Olimpiade Invernale. Da 10 a 1 un voto per tutte (o quasi) le discipline in programma, un modo diverso e divertente per rileggere la giornata olimpica. Prima giornata senza medaglie ma con 7 podi siamo vicini a raggiungere in anticipo il bottino di PyeongChang.


DIECI. Tutti sugli sci di Sofia

In questa “giornata no” per gli azzurri a Pechino non ci resta che assegnare il dieci (di incoraggiamento) a Sofia Goggia che non sembra particolarmente contenta dei primi test in Cina. Lei dice che al momento non si sente ancora pronta per disputare la discesa del 15 febbraio e noi abbiamo l’obbligo di darle tutta la serenità che la situazione richiede: deve difendere l’oro di PyeongChang ma deve farlo solo se non correrà rischi eccessivi per la salute e il fisico. Venerdì guarderà il super G dove corre l’amica-nemica Brignone e nel frattempo potrà consolare la concittadina-amica Michela Moioli che sabato, se si rimetterà, disputerà la gara mista. Il ruolo di portabandiera non sempre porta bene (vero Carolina?) ma non deve sentirsi in colpa per aver ceduto il ruolo all’amica…

NOVE: La rivincita dell’ex “spaccona”

Visto che era rimasta fuori la Moioli nello snowboardcross non era un peccato tifare per una vecchia conoscenza straniera. E l’oro se l’è messo al collo proprio l’americana Lindsay Jacobellis che a 35 anni, in una carriera in cui ha vinto di tutto anche negli XGames, acciuffa il primo oro olimpico dopo l’argento di Torino 2006. Noi non dimenticheremo mai la prima delle sue cinque Olimpiadi: a Torino 2006 era in testa con l’oro già appeso al collo quando sull’ultimo salto si concesse un’inutile acrobazia: cadde e si fece superare dalla svizzera Frieden rialzandosi solo per l’argento. Era il simbolo della spacconaggine giustamente punita, oggi dopo 16 anni si è presa la sua rivincita.

OTTO: c’è un po’ di Italia con Petra

Petra Vlhova non solo è una delle indiscusse regine del Circo Bianco ma anche una delle atlete più eleganti e affidabili delle specialità tecniche. Gli slalom di coppa se li era equamente divisi con Michela Shiffrin e quando l’americana è caduta abbiamo pensato che volesse imitarla nella disfatta con quell’ottavo posto della prima manche che non lasciava presagire nulla di buono. D’altronde era successo qualcosa di simile in gigante. Invece il suo allenatore, il ticinese Mauro Pini che ha preso il posto dell’italiano Livio Magoni, ha disegnato per la slovacca una seconda manche perfetta. La rimonta si è materializzata man mano che scendevano le concorrenti dopo di lei ma l’oro sembrava un’impresa impossibile. Invece dopo le delusioni di PyeongChang, dove Petra era rimasta a secco di podi, è arrivata la vittoria davanti all’austriaca Katharina Liensberger (a 8/100) e alla svizzera Wendy Holdener. Scivolate fuori dal podio Michelle Gisin e la leader Lena Duerr, uscita per un’inforcata la svedese Sara Hector vincitrice del gigante davanti alla Brignone, è scoppiata la sua gioia irrefrenabile. Scene mai viste in coppa del Mondo. Una soddisfazione anche per il preparatore Matteo Baldissarutti a spruzzare un po’ di Italia nello slalom femminile dove le azzurre da tempo non esistono. Federica Brignone, caduta alle ultime porte di una discreta seconda manche, ha corso solo in preparazione del superG di venerdì notte dove inseguirà una seconda medaglia.


SETTE: Confortola e Fontana salvano lo short track

Lo short track si meriterebbe tutti i voti da 1 a 10. Incredibile quello che succede ogni giorno in questo bellissimo sport che però troppe volte assume le sembianze del Rollerball cinematografico. Prevale l’amarezza per la beffa di Arianna Fontana a cui la improvvida caduta senza contatto dell’italo-canadese Cynthia Mascitto (reduce dall’eliminazione per pochi centesimi nei 1500) ha impedito di accedere alla finale a squadre in cui si sarebbe giocata un’altra medaglia. La finale è arrivata in maniera rocambolesca per il veterano Yuri Confortola a cui i giudici hanno concesso un avanzamento che ha fatto discutere. Il decimo posto alla quinta partecipazione olimpica è una bella soddisfazione per il 35enne valtellinese. Una specie di compensazione per l’ingiusta squalifica di Pietro Sighel, a cui non ne va bene una in questa Olimpiade. Avrà ora un giorno di pausa Arianna Fontana che si è guadagnata in scioltezza la semifinale dei 1500 in questo strano programma che mischia le specialità.
L’elenco delle malefatte dei giudici è comunque infinito: la Rai ha mostrato un filmato della precedente giornata in cui si vede una cinese spingere con la mano il picchetto per far cadere la canadese davanti a lei ma, a quanto pare nessuno se n’è accorto.

SEI: che musica, Donaggio!

In una giornata così negativa per consolarci dobbiamo aggrapparci anche al quinto posto di Lorenzo Donaggio (non Pino, eccellente musicista) nel Big Air del freestyle. Il più giovane della spedizione azzurra con i suoi 18 anni aveva fatto sperare anche in qualcosa di più dopo il terzo posto della prima run e la quinta piazza dopo la seconda, ma ha dovuto scartare l’ultima run per una caduta. Vista l’età e la scarsa tradizione italiana nel “mezzo tubo” onestamente non potevamo sperare di più. Spettacolare la vittoria del norvegese Birk Ruud.

CINQUE Lo slittino scivola via

Rieder-Kainzwalder sono la speranza azzurra del dopo Zoeggeler ma, dopo il buon quarto posto della prima manche che lasciava un lumicino acceso per il podio, si sono disuniti nell’ultima parabolica della seconda e sono retrocessi al sesto posto. Per quanto visto sulla difficile pista di Pechino si poteva fare di più ma l’età gioca a loro favore. I tedeschi Tobias Wendl e Tobias Artl entrano nella storia con il terzo oro consecutivo.

QUATTRO: la Moioli non può finire così

Ci spiace mettere un voto insufficiente a Michela Moioli, portabandiera e olimpionica uscente dello snowboardcross che ha vissuto una di quelle giornate in cui non vedi l’ora di andare a dormire. Eppure il suo oro sembrava una delle poche cose sicure della spedizione azzurra e tutto era andato per il meglio fino ai quarti. Due turni dominati con l’autorevolezza di chi si appresta a vivere una giornata di gloria. Invece l’atroce delusione: in semifinale Michela non parte in testa come sempre, si mette sulla scia dell’eterna rivale Jacobellis e si fa superare anche dalla francese Trespecuc. Inutile il tentativo di rimonta allo sprint: nello sforzo l’italiana cade sul traguardo ma è eliminata. La sua disperazione è evidente, la delusione è atroce anche per noi. Ma purtroppo non è finita: nella “small final” Michela, evidentemente demotivata, parte indietro, vede cadere davanti agli occhi la Gaskill e prende male il salto successivo. Un errore che si paga quello di prendere aria in un momento così delicato: la bergamasca si sbilancia in avanti e cade rovinosamente. Rimane in pista mentre la francese Pererira De Sousa vince la piccola finale. Sale la preoccupazione, poi finalmente si rialza ma ha battuto il naso e il mento e si teme per una caviglia. Sembrava tutto facile, forse troppo facile. Brava Caterina Carpano che chiude al decimo posto. Per la Moioli, se recupererà, resta la chance della gara mista a coppie per la quale bisogna ancora scegliere il compagno.

TRE: Vito, terzo di nome ma non di fatto

Si chiama Louis Philip Vito III, un nome che è tutto un programma, il 33enne snowboarder approdato nella squadra italiana grazie all’origine dei nonni. Il veterano dell’halfpipe, che era stato quinto negli Stati Uniti a Vancouver 2010, è rimasto fuori in qualificazione per una sola piazza: 13° con 60.25 nella prima run. Peggio Lorenzo Gennero, 13°. Ma da Vito III, con quel cognome, ci aspettavamo di più.


DUE: la Shiffrin ha perso la testa

Michela come Simon Biles e Naomi Osaka a Tokyo? Nella galleria delle grandi campionesse saltate di testa sul palcoscenico olimpico entra pure la Pin Up americana e questo proprio non se l’aspettava nessuno. Per la regina dello sci, rientrata in coppa del Mondo dopo la crisi conseguente alla morte del padre, le cose sembravano di nuovo a posto ma evidentemente non era così. A Pechino l’abbiamo vista esibirsi in due uscite fotocopia dopo poche porte: dopo il gigante anche lo slalom è finito ancor prima di gareggiare. Bisognerebbe capire cosa succede nella testa delle campionesse a questi livelli ma forse lo sappiamo già. Vedere la Shiffrin a bordo pista, accovacciata sul suo dolore, ha messo una gran tristezza: fino a che punto la testa può uccidere il talento? Vedremo se avrà voglia di gareggiare ancora.

UNO. Basta parlare male del curling

Il voto più basso a quanti hanno voluto dileggiare il curling dopo l’oro italiano di Mosaner e Constantini. Non bastavano i film a trattarlo con ironia: non solo “La Mossa del Pinguino” ma anche “Al servizio segreto di Sua Maestà” nella saga di James Bond, “Anche se è amore non si vede” di Ficarra e Picone e perfino in una scena di “Help” dei Beatles. Per non parlare dei Simpson. Ma il cinema almeno ha trattato con leggerezza e ironia i piccoli grandi eroi dei birilli su ghiaccio, che sono sportivi a tutti gli effetti. Leggere e sentire anche giornalisti navigati che parlano di “pentole a pressione” e “casalinghe” fa tristezza. Nonostante il ridottissimo movimento italiano bisogna ricordarsi che il curling è disciplina olimpica dal 1998 a Nagano, è diffusissima nei paesi britannici, nordici e d’Oltralpe (altrimenti non avrebbe i requisiti per essere ammesso ai Giochi) ed è anche più elaborata di quel che sembra a prima vista. E’ richiesta l’abilità dei bocciatori ma anche la strategia degli scacchisti e una buona preparazione atletica e psicofisica. Dobbiamo essere fieri del nostro oro e sperare che il curling si diffonda anche nelle grandi città e sotto Ancona, dove è in attività il Paradise Playcenter, l’impianto più meridionale d’Italia per giocare a curling. E poi Milano-Cortina è alle porte.

Fausto Narducci

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