Lost girls su Netflix | Recensione

Lost girls, un altro film che racconta di ragazze perdute, giovanissime sex workers uccise presumibilmente da un serial killer a Long Island. Diretto da Liz Garbus, Lost girls si inserisce nel filone di Tre manifesti a Ebbing ma solo per la tematica che racconta. Un film al femminile, con una mamma che non si rassegna alla scomparsa della primogenita.
Non è spoilerare dipingere il quadro di partenza della storia: la protagonista Amy Ryan è mamma di tre figlie. La prima avuta in tenerissima età è stata data in affidamento e vive ormai la sua vita lontana dal resto della famiglia, la figlia di mezzo è in cerca di affetto e considerazione, la interpreta Thomasin McKenzie vista in Jo Jo rabbit. L’ultima soffre di schizofrenia.
La protagonista è una donna segnata dalla vita e dalle difficoltà. Deve fare due lavori per restare a galla e accetta i soldi della figlia maggiore Shannan senza farsi troppe domande sulla sua professione. Ma quando la figlia scompare, in preda anche agli inevitabili e irrimediabili sensi di colpa, si batte come una leonessa per cercare la verità, per sapere cosa le è successo e almeno non restare senza risposte. Anche se fino a che un corpo non si trova, c’è sempre una flebile speranza.

Un film al femminile

Lost girls non è un film memorabile, ma è un’opera sincera e più che dignitosa. Non si tratta tanto di scoprire chi abbia ucciso la ragazza, etichettata nel peggiore dei modi da media e polizia, come se il fatto che fosse una prostituta la dovesse privare di ogni considerazione e pìetas umana.
Il focus del film è la tenacia della mamma, la capacità di stringersi in un legame creato dal dolore di un destino comune delle mamme e delle sorelle delle ragazze uccise. Un racconto scevro da sentimentalismi, asciutto nel concentrarsi sulla caparbietà della protagonista e sul colpevole lassismo di un corpo di Polizia indolente e soprattutto inetto. Non brilla nemmeno il commissario interpretato da Gabriel Byrne, indeciso tra l’entrare in sintonia con le legittime richieste della mamma e il restare ottusamente schierato dalla parte (sbagliata) della Polizia.
Un film al femminile si diceva, al punto da non vagheggiare mai la figura paterna: con qualcuno le avrà pur fatte le sue tre figlie! Ma lo spettatore non ne ha traccia. Gli uomini del film sono tutti negativi: il datore di lavoro che la penalizza, i vari poliziotti che tra pregiudizi, indolente lassismo e incapacità, non le danno retta. Al punto da inciampare per caso sui resti di altre prostitute uccise, cercando l’ultima ragazza scomparsa in ogni posto meno che nel più ovvio. E poi quello che il film suggerisce come possibile o probabile assassino: una figura che più sospetta non si potrebbe. Ma non per la Polizia, forse addirittura complice.
Una storia purtroppo vera, trascinatasi senza soluzione per anni. A rimarcare una brutta caratteristica di certi ignoranti americani, ai quali la divisa non dà lustro ma solo potere male esercitato.

Lost girls, il trailer originale

Lost girls, la scheda

LOST GIRLS – Stati Uniti, 2020. Regia: Liz Garbus. Interpreti: Amy Ryan, Thomasin McKenzie, Gabriel Byrne, Lola Kirke, Dean Winters, Oona Laurence, Miriam Shor, Reed Birney, Adattamento dall’omonimo romanzo di Robert Kolker. * visto in edizione originale con sottotitoli.

Leandro De Sanctis

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