Arianna Fontana, oro da 10 e lode a Pechino 2022

Arianna Fontana, oro da 10 e lode a Pechino 2022. Il collega Fausto Narducci, che ha seguito nove Olimpiadi per la Gazzetta dello sport, scriverà per noi di Pechino. Ogni giorno il pagellone dell’Olimpiade Invernale. Da 10 a 1 un voto per tutte (o quasi) le discipline in programma, un modo diverso e divertente per rileggere la giornata olimpica.

Arianna Fontana si mette al collo la decima medaglia olimpica, eguagliata la Belmondo


Oggi un oro (Arianna Fontana nei 500 metri dello short track) e un bronzo (Federica Brignone nella discesa dello sci alpino) ci hanno portato al settimo posto del medagliere: un oro, 3 argenti e un bronzo per l’Italia. Una curiosità: Fontana e Brignone, le due medagliate di ieri, sono nate nello stesso anno (1990) a distanza di tre mesi: 14 aprile Arianna, 14 luglio Federica.

DIECI: Una Fontana di emozioni

Gli orari di Pechino apparecchiano un oro reale e un altro possibile sulle tavole degli italiani. Quello effettivo, che ci porta al settimo posto del medagliere con cinque medaglie dopo tre giornate ce lo porta Arianna Fontana che è ormai la più grande atleta della storia mondiale dello short track, il Rollerball dell’Olimpiade. L’autorevolezza con cui si qualifica per la finale e con cui sorpassa l’olandese Schulting per andare a prendere l’oro dei 500 metri conferma che l’azzurra è di un altro pianeta. E’ il secondo oro dopo quello di PyeongChang sulla stessa distanza, la decima medaglia (eguagliata la fondista Stefania Belmondo in testa alla classifica dei plurimedagliati azzurri) dopo il bronzo in staffetta a Torino 2006 che a 15 anni e 314 giorni la rese la più giovane medagliata azzurra di sempre. Ora a 31 anni Arianna continua a vincere nonostante tanti cambiamenti nella sua vita, il matrimonio, qualche capriccio e un carattere determinato che l’ha messa spesso in collisione col resto della squadra. Ma cosa vuoi dire a una così che vince e continuerà a vincere, magari fino a Milano-Cortina fra 4 anni. L’oro virtuale (vogliamo vederla così) è quello della coppia azzurra del curling Constantini-Mosaner. Dopo aver eliminato all’ultima stone del round robin gli olimpionici uscenti canadesi, sono arrivati imbattuti alla semifinale dove hanno fatto un sol boccone degli ex fenomeni della Svezia. La vittoria per 8-1 mai messa in discussione dai frastornati scandinavi ci porterà a giocarci l’oro con la Norvegia che nell’altra semifinale ha battuto 6-5 la Gran Bretagna.

NOVE: Avere Fede non guasta mai


Bronzo a PyeongChang 2018, argento a Pechino 2022: il gigante azzurro è sempre Federica Brignone, figlia d’arte un po’ scavezzacollo e un po’ discola ma sempre puntuale con la storia olimpica. Era terza dopo la prima manche praticamente perfetta, ha avuto qualche sbavatura nella seconda ma è riuscita a respingere l’assalto di Lara Gut, l’altezzosa ticinese che è risalita dall’ottavo posto al bronzo ma niente ha potuto contro la svedese Sara Hector, dominatrice stagionale della specialità. A 31 anni Federica, che quest’anno si è creata uno staff tutto proprio, diventa la più vecchia medagliata olimpica azzurra della specialità. Quest’anno in Coppa non era riuscita a mettere due manche insieme e aveva collezionato solo due quarti posti: è riuscita a confermarsi proprio sul palcoscenico più importante. La sua classe discende direttamente dalla Compagnoni ma è fatta di grinta, coraggio e carattere. Una che non lo manda a dire e che ora avrà un’Olimpiade tutta in discesa verso l’oro, il metallo più prezioso. E pensare che dopo la delusione ai Mondiali dell’anno scorso aveva pensato di fermarsi.


OTTO: La musica di un altro Lauzi


Chi l’avrebbe mai detto che si poteva sognare anche nello slopestyle dello snowboard. Invece è successo grazie a Emiliano Lauzi che, dopo aver fatto belle cose già in qualificazione, ha chiuso in finale una prima run eccezionale con un 80.01 che al momento valeva la seconda piazza. Il 27enne milanese non si è migliorato nelle run successive in cui ha dato il tutto per tutto ma il suo quinto posto ha dell’incredibile. I giovani snowboarder italiani ora hanno un modello da seguire anche nel freestyle. Oro al canadese Max Parrot.


SETTE: c’è podio dopo i 40 anni


Il francese Johan Clarey è salito sul podio della discesa (argento a soli 10 centesimi da Feuz) a 41 anni. Mai nessuno come lui nella storia dello sci alpino. Ma come si fa a tenere il passo dei trentenni dopo i quarant’anni? Che dia qualche consiglio anche al nostro Domme. E magari anche al norvegese Aleksander Aamodt Kilde, favorito della vigilia arrivato solo quinto.


SEI: la Wust non finisce mai


L’olandese Irene Wust, che nei 1500 ha centrato anche il record olimpico, è la prima pattinatrice in pista lunga ad aver vinto un oro in 5 edizioni dei Giochi: il suo titolo nei 1500 è la sua dodicesima medaglia e non sarà l’ultima. Un mito. E’ la più grande di sempre e a 35 anni non ha ancora finito. Peccato per Francesca Lollobrigida che è arrivata sesta (miglior piazzamento sulla distanza) a soli 38 centesimi dal podio nel giorno del suo compleanno. Piccola delusione perché se non si fosse scomposta un paio di volte la romana poteva centrare un secondo podio. Ma quello di ieri vale tutta una carriera. E’ sembrata un po’ appagata ma c’è da dire che era l’unica medagliata dei 3000 a partecipare ai 1500 e aveva le gambe “intruppate”, come dice lei. L’altro eroe della domenica, Dominik Fischnaller, dopo il bronzo è risultato positivo al covid come il cugino Kevin: meglio dopo che prima.

CINQUE: Per Domme non è sempre domenica


Lo slittamento della discesa da domenica a lunedì non ha portato bene al nostro leader dello sci alpino. Dominik Paris, dominatore della discesa anche in questa stagione, a quasi 33 anni non avrà forse altre possibilità olimpica e il sesto posto di oggi a Pechino brucia terribilmente. Uno come lui non può ritirarsi senza la medaglia olimpica e, se andrà male anche il superG, speriamo che vorrà riprovarci a 36 anni a Milano-Cortina. Il suo sesto posto è frutto di una gara non perfetta, come lui stesso ha ammesso, con un errore evidente nella parte centrale. Le discese sono sempre un terno al lotto, soprattutto su queste nevi, ma per esempio lo svizzero Beat Feuz non ha fallito l’appuntamento con l’oro dopo aver vinto quattro coppe del Mondo negli ultimi quattro anni e ha vinto praticamente tutto in carriera.

QUATTRO: Voto un po’.. Bassino


Un gioco di parole che non cancella la nostra stima per Marta Bassino che è la vera specialista del gigante ma è uscita dopo appena tre porte sul ripido iniziale. Poi la piemontese se n’è andata a piangere a bordo pista, inquadrata in modo spietato dalle telecamere. Ci ha fatto tanta tenerezza perché lei non è polivalente come le compagne e si è giocata la carta migliore in Cina: tornerà dalle sue amate galline e risorgerà. Una ragazza equilibrata come lei non si farà abbattere da questa cocente delusione.


TRE: Christof ma cosa fai?


Christof Innerhofer a 37 anni difficilmente poteva arricchire il medagliere olimpico che conta già un argento e un bronzo ma uscire così dopo due porte lascia davvero l’amaro in bocca. L’altoatesino si era guadagnato in extremis la selezione olimpica e forse ha sparato lì le sue ultime cartucce.. Dicono che sia rientrato subito in albergo senza parlare con nessuno. Possiamo capirlo!

DUE: Le biathlete deluse


Due come il numero delle nostre biathlete deluse, non certo un due in condotta. Nella staffetta mista se l’erano cavata, nella 15 km individuale sono state irriconoscibili: Dorothea Wierer (18ma con tre errori al poligono) e Lisa Vittozzi (74ma con otto errori) non sembrano al livello delle scorse stagioni né nel tiro né sugli sci. E’ presto per lanciare l’allarme ma qualcosa non va. A Dorothea per togliere la vittoria alla tedesca Denise Herrmann (che è stata podio olimpico in staffetta anche nello sci di fondo!) sarebbe servito un 20/20 al tiro, segno che sul fondo, come si era notato già in staffetta, bisogna rivedere forse le scioline. Speriamo almeno nella staffetta femminile per il podio.


UNO: La caduta delle regine


Mikaela Shiffrin e Petra Vlhova erano le sciatrici più attese ma sono partite con un vero capitombolo. Fuori nella prima manche l’americana, solo quattordicesima con due manche tutte da dimenticare la slovacca. E’ vero che la loro specialità è lo slalom ma nessuno poteva immaginare un inizio così difficile, complice anche la neve dura artificiale a cui non tutte si sono adattate. Non per niente la pista si chiama “Fiume di ghiaccio”

Fausto Narducci

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