ATLETICA Il nuovo Schwazer, voglia di ricominciare dopo la depressione e il doping

 
La cosa più difficile da digerire deve essere stata il sospetto di molti, che anche prima di Londra 2012 Alex Schwazer fosse un dopato. I dubbi sull’oro di Pechino, sulle vittorie precedenti alla scoperta della sua positività, prima dei Giochi londinesi. Il suo avvocato Gerhard Brandstaetter definisce un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto la sospensiva di tre mesi sui sei della squalifica ulteriore decisa ieri dal Tribunale Nazionale Antidoping. Sicuramente è un punto di partenza che, non appena si conoscerà la motivazione, potrebbe indurre a riconsiderare la valenza del suo atteggiamento collaborativo ai fini di una più cospiscua sospensiva della sanzione primaria: tre anni e sei mesi. Schwazer e i suoi avvocati ci contano, esprimono fiducia.
    Alex ha voglia di parlare, sventola il mazzetto di fogli con i dati delle sue analisi, snocciola i valori di emoglobina ed ematocrito, anno per anno. Sgombrare il campo dalle illazioni e dai sospetti è la base da cui rilanciare quello che definisce il suo progetto bello. L’obiettivo del nuovo Alex Schwazer.
«A Bolzano ho patteggiato per la positività del 2012, non per gli anni precedenti. Sono sempre stato pulito, l’oro di Pechino 2008 è pulito. Non ho messo nei guai Carolina Kostner. Io sono sempre stato trasparente e ho detto le cose come stavano, già davanti al magistrato Bramante. Lei non c’entra niente, sono stato io a sbagliare. Certo che mi dispiace per la sua squalifica, certo che le ho chiesto scusa. Tutto è nato da un errore mio. E’ successo tutto in pochi attimi, non è che fossimo d’accordo o che abbiamo avuto il tempo di concordare. Il pasticcio era fatto, se ha sbagliato è stato soprattutto per colpa mia. Se amo ancora Carolina? Ci si continua a rispettare ma dopo una cosa come quella che è successa a noi, è difficile. Le zuppe riscaldate non vanno bene. E comunque la risposta alla domanda è no. Non sono più innamorato».
E invece di nuovo innamorato dello sport e della fatica, magari in modo meno esasperato ed ossessivo. Basta guardare gli altri, i numeri, i tempi, il cronometro.
«Spero che quando ritornerò, e ritornerò sicuramente, potrò realizzare un progetto che non si è mai visto. E sarò disponibile a tutto. Non ho 40 anni, posso tornare ai miei livelli, qualcosa di marcia ho imparato, e penso di stare bene, faccio già 250 km a settimana. Ho bisogno di tre mesi per preparare una 50 km e se sto bene posso ancora primeggiare. Chi mi seguirà? Ho già contattato Sandro Donati, vorrei ricominciare con lui e la sua presenza sarebbe una garanzia per tutti: voglio riguadagnare credibilità. Lui non pensa che si possa vincere senza doping, io voglio dimostrare che si può. Un po’ per la gioia di marciare, un po’ per vendetta». Conoscendo il rigore di Sandro Donati, c’è da pensare che per convincere il maestro dello sport a dar vita al sodalizio, Alex dovrà chiarire senza omissioni ogni dettaglio relativo alla sua storia di doping e non solo.
    Schwazer ha raccontato di quanto sia stato male, di come lo psichiatra primario di Bressanone, il professor Schwizer, lo abbia curato con i farmaci, accogliendolo con la cartella clinica del nonno, anche lui vittima di profonda depressione.
    «Ora invece ho tanta voglia di allenarmi. Ho sbagliato, sto pagando. Sono disposto a rinunciare alla mia privacy, a fare cose innovative per dare credibilità al movimento antidoping. Avere un obiettivo vicino come Rio 2016 sarebbe importante. Ma se non sarà possibile vuol dire che penserò ai Mondiali»
La marcia, non è più un’ossessione, il nuovo Alex ha di nuovo voglia di sport, ma farsi riaccogliere dal mondo dell’atletica senza restarne emarginato non sarà facilissimo.
«Ognuno è libero di comportarsi come crede. Io voglio far capire tutto quello che ho fatto prima di Londra era pulito e che da adesso in poi sarò pulito. Ma bisogna capirli perchè dicono cose che dicevo anche io degli altri. Sono sicuro che col tempo qualcuno di loro, passo dopo passo, potrà considerarmi diversamente.Non voglio togliere il posto a nessuno, ma voglio comunque avere la possibilità di fare i miei tempi. Se si avvicinano le Olimpiadi e c’è bisogno di medaglie…Poi sta a loro lasciarmi a casa, se poi vogliono portare Rubino e arrivare ventesimi facciano pure…Io cattivo con lui? Anche lui è stato cattivo con me»
Cosa prova se ripensa a quei momenti, a cosa disse e fece quando scoppiò il caso?
«Cerco di non pensare più al passato, ora sono proiettato al futuro. Ma è chiaro che non è stato bello»

*Sul Corriere dello sport di venerdi 13 febbraio 2015

Leandro De Sanctis

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