Anatomia di una caduta | Recensione

Anatomia di una caduta | Recensione.
Comprensibilmente premiato con la Palma d’oro al Festival di Cannes, Anatomia di una caduta è un film di straordinario interesse, non a caso firmato da una donna, Justine Triet. Viaggio in un inferno, nella vita di una coppia sgretolatasi tra invidia, risentimento, alibi e un’apertura mentale che resiste fin quando non si crea un fatale squilibrio. L’ impotenza artistica di un marito deve fare i conti con lo sbocciare felice della qualità di una moglie scrittrice di successo. La caduta di cui si parla è quella con cui si conclude tragicamente la vita di Samuel (Samuel Theis) e che porta a processo la moglie Sandra (Sandra Huller): omicidio, suicidio, incidente?
Un thriller per molti aspetti, ma decisamente anomalo, perché non è tanto il verdetto finale, qualunque esso sia, il fulcro risolutivo del film, quanto tutto ciò che emerge nell’aula di tribunale. Lo strisciante maschilismo che annebbia il giudizio. Ciò di cui si parla e ciò che non viene considerato con il valore che ha. Parole e atteggiamenti, preconcetti e miopie che testimoniano e (mal) interpretano una progressiva e distruttiva crisi coniugale che affonda radici in un malessere per molti perfino ovvio, comprensibile ma non giustificabile.
L’alibi per il blocco dello scrittore è l’incidente al figlioletto undicenne Daniel (Milo Machado Graner), che diventa ipovedente. Il mezzo violento con cui il marito infastidisce nella assordante e fastidiosa scena iniziale è un brano musicale (P.I.M.P. di 50 cent) sparato a volume altissimo, dall’ultimo piano della casa nella neve (siamo in Francia, non lontani da Grenoble) mentre una studentessa sta intervistando la moglie scrittrice.
Non occorre svelare molto sulla trama, se non che il clou diventa in aula un audio registrato dal marito, all’insaputa della moglie. Scena madre di un matrimonio consumato dall’invidia che diventa arringa ineludibile e significativa, perfino chiara nella complessità di un caso in apparenza irrisolvibile e di un mistero che a ben guardare, anzi ascoltare, è forse meno misterioso di quanto non appaia.
Eppure il processo sa mostrare quanto ancora arretrata sia la cultura del giudizio: per i gusti sessuali (Sandra è bisex e il matrimonio ha assorbito anche episodiche e brevi relazioni extra coniugali), per le dinamiche di una coppia che non scoppia per il “tradimento” ma a causa del fallimento letterario. Uno scrittore che non riesce a scrivere e che per alimentare la sua letteratura si appoggia e si nutre della realtà. Registra audio delle conversazioni per trarne ispirazione e colmare la lacuna di una fantasia inaridita.
Ma la cosa che più colpisce e che rende il film di grande interesse e valore, è comprendere come la verità possa essere sfuggente e irraggiungibile quando la si osserva e ricostruisce da lontano, fuori dal contesto e attraverso la lente del pregiudizio. Non a caso la condotta dell’avvocato accusatore, dello psicanalista e del poliziotto (che non fanno certo una figura adeguata al ruolo), evocano distorsioni strumentali che non trovano radici consistenti. Ogni cosa estrapolata dal contesto, da quel contesto, può essere rappresentata e vista come l’esatto contrario della verità. E questo spaventa anche.
E’ il grande fascino di un film bellissimo e psicologicamente rilevante, da seguire come un giallo di anime tormentate, con partecipazione per ciò che deve ascoltare il bambino, che avrà un ruolo importante, perché dopo il doloroso ascolto, la sua scelta, figlia anche del ricordo e della memoria, darà un senso pacificatore. Dimostrando anche che non è necessario vedere per comprendere.
Una curiosità per chi segue il calcio: il cane che appare nel film si chiama Messi, come il celebre calciatore argentino.

Anatomia di una caduta

ANATOMIA DI UNA CADUTA – Francia 2022, Durata 150′. Lingue: francese e inglese.
* versione originale con sottotitoli.

Regia: Justine Triet.
Interpreti: Sandra Huller, Milo Machado, Swann Arlaud, Antoine Reinartz, Samuel Theis.

P.I.M.P. di 50 Cent

Leandro De Sanctis

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