Volley e rischio Covid, un ridicolo studio da bocciare

Volley e rischio Covid dei vari sport. Ho avuto a lungo la tabella dinanzi agli occhi. Ma non c’è stato niente da fare nemmeno una fessura, uno spiraglio che mi inducesse a non definire un’emerita boiata pazzesca il risultato grafico dello studio (studio? ci hanno pure studiato? Studenti da bocciare) intitolato Sport in Sicurezza. Pensate un documento di ben 400 (quattrocento) pagine commissionato dal Coni e consegnato al Governo, al ministro dello Sport Spadafora. 

 Fatta salva l’autorevolezza di chi a vario titolo ha contribuito al documento del Politecnico di Torino, c’è da pensare che nessuno, ma proprio nessuno, sappia la minima cosa degli sport analizzati, anche se la giustificazione è stata che i dati sono stati forniti dalle singole federazioni sportive e degli enti, cui è stato chiesto un’autovalutazione per ogni singola voce: si parte da un rischio da 0 (inesistente), per poi passare a 1  (scarso), 2 (medio), 3 (alto), fino a 4 (elevato). Se lo avessi commissionato io, avrei rifiutato di pagarlo, vista l’inattendibilità e la superficialità dei risultati.

Più del rugby, del basket, della boxe…

Volley e rischio Covid tra gli sport. Come definire la graduatoria che è stata illustrata? Assurda, demenziale, ridicola, surreale, comica o tragicomica (se venisse presa per buona). Ma come si può pensare che la pallavolo sia lo sport più a rischio in relazione al possibile contagio Covid-19? Ora appare evidente che è venuto meno il requisito fondamentale di ogni studio, statistico e non, l’omogeneità dei campioni. E’ chiaro che il fattore umano che ha sbagliato la valutazione, l’autodiagnosi dell’indice di rischio, ha clamorosamente vanificato gli intenti dello studio. Ma possibile che nessuno se n’è accorto esponendosi a questa figuraccia? Proprio il fatto che fosse stata la pallavolo ad emergere come sport più rischioso per la possibilità di contagio, avrebbe dovuto far scattare il campanello d’allarme.

Piaccia o meno, proprio il confronto con l’indice di rischio attribuito al basket avrebbe dovuto indurre a gettare nel cestito della spazzatura quello studio. Ma come, il basket dove c’è un contatto fisico continuo, è reputato molto meno a rischio del volley che è stato sempre dileggiato, a cominciare dal mondo dei canestri, per l’assenza di contatto fisico? E il rugby, con le sue mischia e i suoi placcaggi? E la boxe dove i pugili sudati si colpiscono e ansimano anche naso contro naso…?
Non si tratta dell’ennesima puntata di una rivalità nata quando la Nazionale di volley ha iniziato a frequentare regolarmente la top five internazionale salendo sui podi spesso e volentieri, ma di un inevitabile accostamento tra discipline che si svolgono in Palasport e terreni di ampiezza comparabile. Non esiste un successo, e per distacco…, del volley in questo testa a testa sui rischi di contagio.
Ci si sarebbe aspettati di vedere il rugby, per definizione sport di contatto anche ruvido, in cima alla tabella. O la boxe. Invece no, c’è la pallavolo. Di gran lunga classificata come il più pericoloso degli sport di squadra. Più del rugby, della boxe e del basket!

Il duro commento di Julio Velasco, l’ironia di Zaytsev

Normale che i due nomi più celebri del volley non lesinassero la loro indignazione per quella che sembra una delle fake news sempre in voga, più che espressione di uno studio. Julio Velasco e Ivan Zaytsev.
“Scopro di giocare uno degli sport più pericolosi al mondo – ha scherzato l’azzurro Ivan Zaytsev in diretta su La7 nel corso della seguitissima trasmissione Propaganda Live – Voglio sperare che la pallavolo non abbia alcun riscontro scientifico su quel tipo di rischio”.

   Julio Velasco parlando con Gian Luca Pasini per la Gazzetta dello Sport ha commentato: “Sono veramente stupito di come un’Università seria possa avere concepito un’analisi come questa. Ora, definire la pallavolo come lo sport più pericoloso fra tutti quelli considerati, in tema di contagio per il Covid-19, anche più di sport di contatto o addirittura di combattimento, mi ha lasciato letteralmente stupefatto proprio da un punto di vista sportivo. Anzi, il termine più appropriato è che sono letteralmente indignato. Mi chiedo se chi ha redatto il rapporto in questione ha mai visto una mischia di rugby, una partita di calcio, una di basket, un match di boxe o più semplicemente se ha mai assistito a un’edizione di un’Olimpiade”. 

Perché i giornali non chiosano più?

Volley e rischio Covid tra gli sport. Come il risultato è stato inoltrato a livello di notizia fa riflettere, una volta di più. In genere capita in altri campi, della politica soprattutto. Inevitabile la considerazione sulla passività con cui in troppi ambienti anche giornalistici, si trasmettono notizie senza chiosarle quando sono palesemente assurde, contraddittorie, incomprensibili. E’ successo anche, oltre che per la tabella, anche nel diffondere l’uscita del presidente della Federbasket, nonché ex presidente del Coni, Gianni Petrucci, che ha sorvolato sulle argomentazioni di Velasco ma ha affermato che “Zaytsev non ha interpretato bene il significato dello studio” Ma cosa c’era da interpretare non lo si è capito. Ivan, come Velasco, Angelo Lorenzetti e milioni di tifosi di volley, ha solo commentato quanto esposto nella tabella.
“La mia indignazione – ha aggiunto Julio Velasco – è anche relativa a come un rapporto come questo non abbia suscitato alcuna reazione in ambiente sportivo dopo la sua pubblicazione. Mi aspettavo che vi fossero reazioni anche da altri settori dello sport italiano. Dal Coni in primis, ma a anche dai commentatori sportivi perché francamente non riesco a condividere le basi su cui questo lavoro è stato svolto. Io credo di avere qualche competenza in tema di ricerche universitarie e credo che la prima cosa (almeno questa è la mia conoscenza) per poter basare una ricerca è poter contare su dati omogenei. Se i numeri raccolti non lo sono, credo che risulti veramente difficile arrivare a un risultato di validità”.
Anche se l’errore è nato in Fipav, anche dalla Federazione sarebbe stato lecito attendersi un altro comportamento, anche solo chiarire, con tanto di scuse, che l’origine del male è nelle risposte sbagliate fornite da qualcuno in Federazione al Politecnico di Torino.

Leandro De Sanctis

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