MUSICA Claudio Lolli, il poeta della malinconia

La copertina dell’album Aspettando Godot, di Claudio Lolli

Claudio Lolli, il poeta della malinconia e della disillusione esistenziale. Se n’è andato anche lui, all’età di 68 anni, mentre un’ambulanza lo stava trasportando in ospedale il suo cuore ha smesso di battere, palesando quella morte da lui così spesso narrata nelle sue composizioni.
Ho amato moltissimo le sue canzoni, così intense, dolenti e dolorose nel descrivere e fotografare con partecipazione momenti storici ed esistenziali, facendo politica con impegno, nel senso migliore del significato per un musicista, un cantautore rimasto sempre lontano dalle luci della ribalta, ma sempre vicino alle tematiche e alle angosce umane.
Michelangelo Romano, talent scout napoletano che sosteneva la musica italiana, lo invitò negli studi della Rai per registrare suoi brani ancora inediti, come racconta Carlo Massarini nel suo Dear Mister Fantasy. Era il periodo di Per voi giovani e della musica di qualità in radio, prima ancora dell’esplosione delle radio libere, come si chiamavano allora.
E così presi confidenza con le sue prime, canzoni, adottandolo subito nella cerchia dei preferiti. Mi è sempre piaciuto scovare e e seguire artisti anche poco noti, o prima che il pubblico li scoprisse, o anche restando tra i pochi (come per Eric Andersen o Shawn Phillips, anche loro fatti conoscere dalla radio targata Rai) , nelle minoranze toccate dal lirismo semplice ma profondo, di coloro che parlano a molti ma sono compresi realmente da pochi.

Importanti i temi e le parole di Claudio Lolli. Ma anche la musica non era poi così secondaria. Se ascoltate gli arrangiamenti, l’uso degli archi in certi suoi pezzi, troverete delle assonanze musicali con molti brani di Damien Rice, altro cantore minimalista e intenso dei giorni nostri. Visse un momento di notorietà grazie all’album “Ho visto anche degli zingari felici”, titolo mutuato da un film jugoslavo (sì, allora c’era ancora la Jugoslavia), aperto da una magnifica e indimenticabile intro di sassofono.

Certo, non era facile farsi strada parlando di morte e di angosce, ma ancora oggi Angoscia metropolitana e Quando la morte avrà, ad esempio, o Quello che mi resta, e Io ti racconto mi emoziono come allora. Negli anni ’70 cantava come Guccini all’Osteria delle Dame, a Bologna e da lì partì la sua storia. Claudio Lolli è rimasto una passione personale, rara da condividere, ma forse anche per questo ancor più personale e preziosa.

“E la voce che mi esce, si disperde tra le case, 
sempre più lontana, se non la conosci, è l’angoscia metropolitana”

“Quello che mi resta dei tuoi giorni è solo la malinconia.
Quello che mi resta dei tuoi giorni è solo il senso d’esser morto”.

http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2018/08/17/news/e_morto_claudio_lolli-204338266/

Claudio Lolli in una foto degli anni ’70

La discografia

Aspettando Godot (Emi/Columbia, 1972)
Un uomo in crisi. Canzoni di morte. Canzoni di vita (Emi/Columbia, 1973)
Canzoni di rabbia (Emi/Columbia, 1975)
Ho visto anche degli zingari felici(Emi/Columbia, 1976)
Disoccupate le strade dai sogni (Ultima Spiaggia, 1977)
Extranei (Emi, 1980)
Antipatici antipodi (Emi, 1983)
Claudio Lolli (Emi, 1988)
Nove pezzi facili (Emi, 1992)
Piazza… strade… sogni (antologia, Emi, 1995)
Intermittenze del cuore (Thm/Tide Records, 1997)
Viaggio in Italia (Hobo, 1998)
Dalla parte del torto (Storie di note, 2000)
Collezione (antologia, Emi, 2001)
La terra, la luna e l’abbondanza (live, Storie di note, allegato al libro omonimo edito da Stampa Alternativa, 2002)
Ho visto anche degli zingari felici (Storie di note, live, con Il Parto delle Nuvole Pesanti, 2003)
Made in Italy (antologia, Emi, 2004)
La via del mare (live, 2005)
Studio collection (2cd, antologia, Emi, 2005)
La scoperta dell’America (Storie di note, 2006)
Claudio Lolli: The Best of Platinum (antologia, Emi, 2007)
Lovesongs (Storie di note, 2009)
Il grande freddo (La Tempesta, 2017)

La scheda

https://it.wikipedia.org/wiki/Claudio_Lolli

Claudio Lolli raccontato da Stefano Benni

Stefano Benni parla di Claudio Lolli, in controcopertina dell’album Claudio Lolli (1988)
Stefano Benni parla di Claudio Lolli, in controcopertina dell’album Claudio Lolli (1988)

L’intervista di Luca Valtorta

http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2017/07/08/news/claudio_lolli-170309042/

http://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/06/28/news/intervista_a_claudio_lolli-169406872/

Ho visto anche degli zingari felici
https://www.youtube.com/watch?v=_BMsIOe2ryI

E’ vero che dalle finestre
Non riusciamo a vedere la luce
Perché la notte vince sempre sul giorno
E la notte sangue non ne produce,
È vero che la nostra aria
Diventa sempre più ragazzina
E si fa correre dietro
Lungo le strade senza uscita,
È vero che non riusciamo a parlare
E che parliamo sempre troppo.

E’ vero che sputiamo per terra
Quando vediamo passare un gobbo,
Un tredici o un ubriaco
O quando non vogliamo incrinare
Il meraviglioso equilibrio
Di un’obesità senza fine,
Di una felicità senza peso.
E’ vero che non vogliamo pagare
La colpa di non avere colpe
E che preferiamo morire
Piuttosto che abbassare la faccia, è vero
Cerchiamo l’amore sempre
Nelle braccia sbagliate.

E’ vero che non vogliamo cambiare
Il nostro inverno in estate,
È vero che i poeti ci fanno paura
Perché i poeti accarezzano troppo le gobbe,
Amano l’odore delle armi
E odiano la fine della giornata.
Perché i poeti aprono sempre la loro finestra
Anche se noi diciamo che è
Una finestra sbagliata.

E’ vero che non ci capiamo,
Che non parliamo mai
In due la stessa lingua,
E abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero
Che abbiamo tanto da fare
E non facciamo mai niente.
E’ vero che spesso la strada ci sembra un inferno
E una voce in cui non riusciamo a stare insieme,
Dove non riconosciamo mai i nostri fratelli,
È vero che beviamo il sangue dei nostri padri,
Che odiamo tutte le nostre donne
E tutti i nostri amici.

Ma ho visto anche degli zingari felici
Corrersi dietro, far l’amore
E rotolarsi per terra,
Ho visto anche degli zingari felici
In Piazza Maggiore
Ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.

Ma ho visto anche degli zingari felici
Corrersi dietro, far l’amore
E rotolarsi per terra,
Ho visto anche degli zingari felici
In Piazza Maggiore
Ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.

Angoscia metropolitana
https://www.youtube.com/watch?v=G6ilxrD2nHw

Dentro a un cielo nato grigio, si infilzano le gru
ricoperte dalle case, le colline non si vedon più.
Sulle antenne conficcate nella crosta della terra 
corron nuvole frustate, come va un esercito alla guerra. 
E la voce che mi esce, si disperde tra le case, sempre più lontana, se non la conosci, è l’angoscia metropolitana. 

Le baracche hanno lanciato, il loro urlo di dolore, 
circondando la città, con grosse tenaglie di vergogna. 
Ma il rumore delle auto, ha già asfissiato ogni rimorso, 
giace morto sul selciato, un bimbo che faceva il muratore. 
E la voce che mi esce, si disperde tra le case, 
sempre più lontana, se non la conosci, è l’angoscia metropolitana. 

Nelle case dei signori, la tristezza ha messo piede, 
dietro gli squallidi amori, l’usura delle corde ormai si vede. 
Come pere ormai marcite, dal sedere troppo tondo, 
le fortune ricucite, mostrano i loro vermi al mondo. 
E la voce che mi esce, si disperde tra le case, 
sempre più lontana, se non la conosci, è l’angoscia metropolitana. 

Fai un salto alla stazione, per cercare il tuo treno, 
troverai disperazione, che per venire qui lascia il sereno. 
Fai un salto alla partita, troverai mille persone, 
che si calciano la vita, fissi dietro un unico pallone. 
E la voce che mi esce, si disperde tra le case, 
sempre più lontana, se non la conosci, è l’angoscia metropolitana. 

La campagna circostante, triste aspetta di morire, 
per le strade quanta gente, è in fila per entrare o per uscire. 
Chiude l’ultima serranda, poi la luce dice addio,
la città si raccomanda, la sua sporca anima a dio. 
E la voce che mi esce, si disperde tra le case, 
sempre più lontana, se non la conosci, è l’angoscia metropolitana.

Quando la morte avrà
https://www.youtube.com/watch?v=kEAygY_t0f4

Quando la morte avrà, 
addolcito un po’ il tuo viso 
che tante volte già 
mi aveva intimorito, 
e tu mi chiederai un ultimo sorriso, un gesto di pietà 
che avrai non meritato. 
Quando la morte avrà 
allentato un po’ le braccia 
che tante volte già 
mi avevano piegato 
e tu ricercherai 
i miei capelli la mia faccia 
per farmi la tua prima 
ed ultima carezza. 

Allora ti amerò 
allora quando avrai 
la tenerezza che 
non hai avuto mai. 
Allora ti amerò 
ma tu non lo saprai 
e per tutti e due sarà 
troppo tardi ormai. 

Quando la morte avrà 
fatto abbassare gli occhi 
che tante volte già 
mi avevano ferito 
col disprezzo di chi 
non ha mai chiesto aiuto 
e tutto ciò che ha 
se lo è costruito. 
Quando la morte avrà 
disperso i tuoi discorsi 
che tante volte già 
mi avevano mentito 
e la sincerità 
del tuo nuovo silenzio 
potrà farmi scordare 
di averti mai sentito. 

Allora ti amerò 
allora quando avrai 
l’umiltà che 
non hai avuto mai. 
Allora ti amerò 
ma tu non lo saprai 
e per tutti e due sarà 
troppo tardi ormai. 

Quando la morte avrà 
scacciato la paura 
che per tutta la vita 
ti è stata concubina 
e avrà fatto di te 
il più grande di noi 
l’eroe che si rallegra 
della guerra vicina. 
Quando la morte avrà 
sconfitto il compromesso 
cui la meschinità 
ti aveva condannato 
e il lampo dei tuoi occhi 
si mostrerà contento 
di vivere da uomo 
almeno un momento. 

Allora ti amerò 
allora quando avrai 
il coraggio che 
non hai avuto mai. 
Allora ti amerò 
ma tu non lo saprai 
e per tutti e due sarà 
troppo tardi ormai.

Quello che mi resta
https://www.youtube.com/watch?v=CZ1TM7jWlIU

Quello che mi resta dei tuoi giorni sono queste note tristi che si inseguono nell’aria e disegnano il tuo viso. Quello che mi resta dei tuoi giorni è quell’ultimo sorriso regalato un momento prima di andare via. Quello che mi resta dei tuoi giorni è solo la malinconia. Quello che mi resta dei tuoi giorni è la smania di uscire anche se so che non c’è nessuno fuori che m’aspetta. Quello che mi resta dei tuoi giorni è la fretta di riuscire a dormire ogni notte senza ripensare a te. Quello che mi resta è il ricordo dei tuoi baci su di me. Quello che mi resta dei tuoi giorni è il rimpianto disperato di non averti fermato quando stavi andando via. Quello che mi resta dei tuoi giorni sono le parole dolci che mi riempiono la gola e che oramai non posso dirti. Quello che mi resta dei tuoi giorni è il desiderio di riaverti. Quello che mi resta dei tuoi giorni è il nulla del tuo scarno addio senza parole senza baci come se fosse normale. Quello che mi resta dei tuoi giorni è la triste sicurezza che non mi è mai importato nulla di chi di noi avesse torto. Quello che mi resta dei tuoi giorni è solo il senso d’esser morto.

Io ti racconto
https://www.youtube.com/watch?v=Ydl3TDtOyfY

Io ti racconto lo squallore
di una vita vissuta a ore,
di gente che non sa più far l’amore.
Ti dico la malinconia
di vivere in periferia,
del tempo grigio che ci porta via.
Io ti racconto la mia vita
il mio passato il mio presente,
anche se a te, lo so, non importa niente.
Io ti racconto settimane,
fatte di angosce sovrumane,
vita e tormenti di persone strane.
E di domeniche feroci
passate ad ascoltar le voci
di amici reclutati in pizzeria.
Io ti racconto tanta gente
che vive e non capisce niente
alla ricerca di un po’ d’allegria.

Io ti racconto il carnevale,
la festa che finisce male,
le falsità di una città industriale.
Io ti racconto il sogno strano
di inseguire con la mano
un orizzonte sempre più lontano.
Io ti racconto la nevrosi
di vivere con gli occhi chiusi,
alla ricerca di una compagnia.
Ti dico la disperazione
di chi non trova l’occasione
per consumare un giorno da leone.
Di chi trascina la sua vita,
in una mediocrità infinita
con quattro soldi stretti tra le dita.
Io ti racconto la pazzia
che si compra in chiesa o in drogheria,
un po’ di vino un po’ di religione.

Ma tu che ascolti una canzone,
lo sai che cos’è una prigione?
Lo sai a che cosa serve una stazione?
Lo sai che cosa è una guerra?
E quante ce ne sono in terra?
A cosa può servire una chitarra?
Lo sai che siamo tutti morti
e non ce ne siamo neanche accorti,
e continuiamo a dire e così sia.
Lo sai che siamo tutti morti
e non ce ne siamo accorti,
e continuiamo a dire così sia.

Il testo scritto nella controcopertina dell’album di Claudio Lolli, Ho visto anche degli zingari felici

 

La copertina dell’album venduto a prezzo contenuto e imposto: 3500 lire

 

Leandro De Sanctis

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