Ciao Rudy Galdi, maestro di giornalismo con ironia

Ciao Rudy Galdi, maestro di giornalismo con ironia.
Una lunga vita giornalistica vissuta gomito a gomito nella redazione del Corriere dello Sport, dall’estate del 1980, quando dopo due o tre anni di collaborazioni, cominciai a lavorare fisso in sede, per l’Olimpiade di Mosca. Sotto potete leggere le belle parole che amici e colleghi hanno riservato a Rudy nel momento doloroso dell’addio. Un coro sensibile, affettuoso, appropriato, che compone un bel quadro umano, dipinto a tinte sincere, grate e commosse per ciò che Rodolfo Galdi (scomparso ieri all’età di 77 anni) ha rappresentato per tutti noi, nel quotidiano e sulla distanza. Parliamo di Rudy ma inevitabilmente significa anche parlare di noi.
Se si ha la fortuna di lavorare e vivere a lungo, è naturale separarsi da colleghi meno giovani che progressivamente vanno in pensione. Ma lo spirito di Rudy Galdi è rimasto per sempre in redazione e nei cuori di chi con lui ha lavorato. Le sue battute, i suoi tormentoni dissacranti, anche nelle varianti in lingua inglese e perfino cantate a mo’ di ritornello, che probabilmente solo chi viveva la nostra vita di redazione poteva comprenderne lo spirito. Quella goliardia che non impediva a nessuno di prendere sul serio il lavoro. Perché c’era modo e modo di lavorare, e se ci si divertiva anche, ogni cosa veniva meglio, senza perdere un briciolo di concentrazione, anzi…
Il mio percorso con Rudy? Potrei sintetizzare così: dal rischio di essere accantonato per un disguido, al gesto di esultanza “rubato” al fantino Lester Piggott con cui salutò il Corriere dello Sport (redazione, amministrazione, tipografia) in un sontuoso ricevimento.
Vidi per la prima volta Rudy Galdi senza sapere che era lui. Autunno 1978, per testarmi come aspirante collaboratore dell’atletica, Vanni Lòriga mi dette un incarico e una settimana di tempo per svolgerlo. Intervistare i figli d’arte che praticavano atletica: Giovanna Amati (lancio del giavellotto, poi in seguito avrebbe gareggiato nell’automobilismo) che era la figlia del re dei cinema romani e che era stata vittima di un rapimento, Luca Lionello (110 ostacoli) figlio del grande attore e doppiatore Oreste Lionello, Massimiliano Buzzanca (110 ostacoli se non ricordo male) figlio dell’attore di teatro, cinema e tv Lando Buzzanca, campione d’incassi della commedia italiana anni ’60 e ’70.
Parlare con Lionello e Buzzanca non fu difficile, arrivare a Giovanna Amati che aveva uno sbarramento richiese un trucco. Con l’aiuto del professor Perrone che la allenava, mi finsi un suo compagno di scuola e riuscì a farmela passare al telefono.
Scrissi l’articolo e andai al Corsport a consegnarlo. Ma Vanni Lòriga era di riposo e lo lasciai al suo collega vicino di scrivania. Quei fogli finirono sepolti tra le carte di quella scrivania e andarono perduti senza che Lòriga sapesse che li avevo consegnati. Quel collega, naturalmente, era Rudy Galdi, come misi a fuoco successivamente, che involontariamente rischiò di non farmela nemmeno iniziare l’avventura al Corriere dello Sport.
Amo l’ironia, le battute, il lato comico della vita che Rudy Galdi ha sempre cavalcato in ufficio, sdrammatizzando con la capacità di leggere ogni cosa, anche quelle sgradevoli che si vivono sul lavoro, attraverso la lente dell’ironia. Molte cose è giusto che restino patrimonio di chi le ha ascoltate e vissute. Ma molte si possono raccontare. Quando quotidianamente si vive così tanto tempo al lavoro, è fatale che pubblico e privato si intreccino, con i telefoni e un metro o poco più di distanza. E Rudy spesso trasformava in comicità anche le telefonate con la sua Lucia per decidere cosa mangiare per cena.
Rudy è stato sempre garbato e affettuoso (venne anche al mio matrimonio, in punta di piedi, prima di andare in redazione), anche quando magari si discuteva nell’eseguire ordini che reputavo e reputavamo sbagliati. “Attacca il somaro dove vuole il medesimo” era il suo modo per dire da un lato che capiva le rimostranze, dall’altro che si doveva fare in quel modo. E questo te lo faceva sentire vicino. Le persone che stimava le voleva con lui e per me era gratificante che volesse accollarsi le tre pagine quotidiane sul Giro d’Italia, purché ci fossi io a lavorare con lui. Gli piaceva lavorare in sidecar, come diceva quando poteva avere un collaboratore al suo fianco (da me a Marco Ansaldo, da Fulvio Solms a Pietro Cabras, da Edmondo Pinna a Fabrizio Patania).
Quando lavoravo ancora da “dubat” in redazione e capitava che qualche sera andavo via in ora consona per poter andare al cinema, mi diceva: Già stacchi? Veramente non ho mai attaccato, rispondevo io.
Ci fu un anno che lavorai alle pagine del ciclismo, del Giro d’Italia, senza di lui che era in ospedale per un intervento. Avevo una rubrica sulla Tv del Giro a cui mi era stato concesso di dare un’impronta fortemente ironica e surreale. Il complimento più gradito me lo fece proprio Rudy, che mi disse di essersi divertito a leggerle sul suo letto di dolore.
E così, tra “seccardone” e riottosi, Rudy Galdi ha accompagnato almeno un paio di generazioni di giornalisti del Corriere dello Sport, dettando i cappellini dell’ippica a chi come me l’ippica non la conosceva (..allora, la pista in carbonella…), i format classici della titolazione che poi scherzosamente applicava ad ogni sport (Bontempi racconta lo sprint più bello, Azzurri grazie lo stesso…).
Rudy Galdi sapeva dare fiducia ed era il mago degli escamotage, cresciuto sapendo disegnare menabò e quindi poi in qualche modo “temuto” dai grafici quando le notizie nel corso della giornata inducevano a cambiare, spesso stravolgere e ridisegnare le pagine. Quando sorgeva un problema, automaticamente nasceva la soluzione: risolvere i problemi senza lasciarsi prendere dall’ansia, una qualità che ha trasmesso a molti di noi. Se c’era da aspettare il menù dell’inviato per disegnare la pagina, lo si aspettava, con rispetto, per offrire un giornale migliore. Anche se in redazione si scalpitava…
Valente e brillante scrittore quando si travestiva da inviato e faceva crepitare la portatile (parole sue, in abito elegante dopo una giornata all’ippodromo o a una presentazione di rilievo), non riuscì mai a farsi dare una risposta al quesito che spesso rivolgeva a noi “piccoli” della redazione Vari: “Ma chi è più alto tra voi due?”.
Esilarante il suo commiato dalla redazione quando andava in ferie. “Beati voi che restate qui, sapete subito le notizie (e snocciolava la telenovela d’attualità, immancabile). Vuoi mettere il fastidio di stare in spiaggia, sotto il sole, con il caldo, la salsedine, con la sabbia tra le dita dei piedi…”
E quando lo sentivamo dopo la pensione: Come va Rudy? “Da poveri giovani…” La sua risposta.
Mentre riaffiorano ricordi, momenti vissuti in tanti anni, la commozione spesso irrompe, gli occhi si inumidiscono alternandosi con i sorrisi che ancora suscita rileggere le sue frasi celebri (per noi), i suoi tormentoni.
Eh no caro Rudy, sarà anche caduta per sempre la tua cucchiara, ma non ci lascerai mai.

Le parole dei colleghi del Corsport

 Pietro Cabras

   Ci ha lasciato Rudy, e come diceva lui quando staccava prima di un giorno libero, “Domani nun me trova nemmeno il questore Improta”. Ora che non c’è più, noi i suoi ragazzi degli sport vari sappiamo invece bene dove trovarlo: nei suoi 1000 insegnamenti, nelle sue battute, nei suoi motti inarrivabili, nei suoi modi di dire romaneschi, nel suo linguaggio tipografico che ci faceva morire dalle risate, nelle sue telefonate, nella sua capacità di non andare mai in crisi, se non quando gli si rovesciava il bicchiere d’acqua e cenere sulla tastiera. È stato il mio primo capo al Corriere nel 1986, e quando mi diceva “Pedro, oggi stiamo in sidecar”, voleva dire che lo avrei assecondato nella facitura creativa delle sue pagine. Ed era un divertimento assoluto, una lezione continua di giornalismo, di misura e di saggezza. Troppi ricordi per poterli riassumere, chi ha vissuto quegli anni con lui sa di che cosa parlo. A chi non c’è stato, dico solo che avere un capo come Rodolfo Galdi è stato uno dei grandi doni del mestiere e della vita. Non voglio andare lungo, perché come mi rispondeva lui quando lo chiamavo dal giro o dal tour elencandogli proposte per riempire non una pagina ma dieci, lui mi rispondeva dolce: A Pedro, sempre otto colonne so’…
Addio Rudy: semplicemente unico.
E oggi, a vedere le nostre reazioni, quanta gente scrive di lui con affetto, lo sento che mi dice: “a Pedracchié, senti come crepita la portatile…”. Che era il suo annuncio di quando sulla lettera 22 Olivetti si metteva a scrivere, maniche della camicia su e cravatta allentata…”oggi mi travesto da giornalista” . Un brindisi da tutti noi, o meglio – vero Edmondo Pinna – “nnamose a bagna’ era beccuccio …”…

Dario Torromeo

Quando muori sei sempre bravo, intelligente, alto biondo e con gli occhi azzurri, anche se sei basso, brutto e scuro come me. Stavolta no, stavolta ogni parola che leggo ha il peso della verità. Perché Rudy era unico. Con lui non potevi litigare, sdrammatizzava con una battuta ogni situazione, anche la più infuocata. E poi dovevi ascoltarlo, perché sapevi che avresti imparato sicuramente qualcosa. Era un grande giornalista. Scriveva di cavalli, sembrava che quegli animali gli parlassero, felici di raccontargli storie fantastiche. Un abbraccio a Lucia e ad Andrea. E adesso basta. Come dice Pedro, a Rudy non sarebbe piaciuto questo portarla alle lunghe. Ciao amico mio, è arrivato il tempo “de fa’ cadè la cucchiara”. Purtroppo, stavolta è per sempre. Ciao Rog.

Mario Arceri

Dario e Paolo erano, come al solito, in giro per il mondo, ma gli altri c’erano tutti, quelli dei “vari”, un’isola felice, allora ricca di uomini e di veri professionisti, della quale Rudy per quarant’anni era stato il baricentro con la sua ironia, con la sua saggezza, la serenità, il comportamento mai scalfito da nervosismi o personalismi. Un maestro di stile e di giornalismo, un amico vero. Altre parole non servono, Rudy, le avresti sdrammatizzate con una battuta, ed anche con un pizzico di fastidio. A me resta il ricordo di tanti anni passati insieme, e dei tanti insegnamenti, anche di vita, che mi hai dato.

La redazione degli Sport Vari al Corriere dello Sport, non al completo perché Dario Torromeo e Paolo Scalera erano inviati fuori sede

Fulvio Solms

In un ambiente in cui alcuni si atteggiano a ombrosi e intransigenti per darsi un tono, per ricavare autorevolezza, Rudy metteva subito a nudo la netta demarcazione tra seriosità e serietà. Fare tutto al meglio con letizia. E anche su quest’ultimo passaggio avrebbe trovato la battuta giusta

   Alberto Polverosi

 Quando Rudy andò in pensione, io ero a Milano. Venne Furio Fedele nella mia stanza e mi disse: “Ue’ Alberto, lo sai quanto è stato Rudy al Corriere dello sport?” “No Furio non lo so”. “Te lo dico io, 44 anni e 6 mesi. Se quel giorno era alle Torri Gemelle lui si salvava”. Un abbraccio Rudy ovunque tu sia.

Alberto Bertini

Ti dico solo “ciao Rudy”. Sei stato un gentleman e un vero amico. Riposa in pace

Pasquale Di Santillo

Rudi era e rimarra’ l’emblema, il simbolo di qualcosa che non ci sarà piu’. La possibilità unita alla capacità di insegnare questo mestiere alle nuove generazioni con umanità senza limiti. Era l’unico in grado di creare un clima un’atmosfera irripetibili in un lavoro che era scandito da scadenze precise con dimensioni e sistemi operativi ben diversi dagli attuali. Tutti dettagli perché contava la persona, l’uomo Rudi.
E quando cadeva la “cucchiara” come diceva lui, non ce n’era per nessuno. Come stavolta.
Riposati Rudi

Mario Viggiani

Ciao Rù
visto? ci stavano proprio tutti, a salutarti… giusto qualche assente giustificato… certo, un tempo avresti detto “quanti bei passerottini…” e invece oggi ormai tutti passeracci… o comunque più o meno “da poveri giovani”…però è stato bello, la serenità di Lucia e di Andrea esprimeva quello che sei stato per loro e anche per questa “congrega di brutti” ai quali hai tirato questa “insederinata” non certo voluta… d’altronde, ne hai mai tirata qualcuna a qualcuno? a me non pare…come omaggio, per la circostanza avevo pensato a un paio di jeans di diverse taglie più larghi del necessario e magari quel blazer di ordinanza che solo per le giornate di “grosser preis”… ma faceva un “caldo becco” e così ho rinunciato… che dici, anche in queste occasioni basta il pensiero, no?
quello, il pensiero, te lo dedicherò magari al primo “filettino ben cotto” che addenterò da qui a quando sarà… sì, perché non ti ho mai sentito ordinare altro che non fosse quello, quando eravamo a tavola insieme…per il resto, magari ci sarebbero stati bene un “sirtakis” o una “tarantelluccia” delle tue, ad accompagnarti e accompagnarci, ma forse sarebbe stato chiedere un po’ troppo, tu che dici? una chiesa è sempre una chiesa…comunque qui, almeno oggi, sembrava di sentire solo te… almeno tra di noi, che per un motivo o l’altro abbiamo trovato il modo di chiacchierare ricorrendo ad alcune delle tante espressioni che per anni e anni sono state il nostro codice al Corsport… un codice di vita e di insegnamenti, scritto da nessuna parte… una roba nostra, non per tutti… che nessuno ci toglierà mai: “vassandiris”

Vincenzo Bajardi

Un fraterno amico, un ironico maestro di vita, un caro collega Rudy: eravamo nati entrambi il 21/8/43. Rudy, un fraterno amico, un collega doc, un super professionista, molto intuitivo, operativo, ironico e che non faceva mai pesare il suo ruolo di responsabile. Dava sempre dritte giuste, accompagnate da battute romanesche ad hoc. Amava in particolare l’ippica. Sono molto addolorato. Ciao Rudy, maestro di giornalismo e di vita.

Franco Fava

Rudy, un amico, uomo di stile e di cultura, giornalista e grande appassionato di sport, è stato maestro e confidente di intere generazioni che si sono avvicinate al mestiere più bello al mondo nella nostra Casa Comune che è stata e continua a essere il Corriere dello Sport. Ci mancherà eccome se ci mancherà. Riposa in pace amico mio!😢

Fabrizio Patania

Dolcissimo, ironico e impareggiabile maestro. Ricordo le prime volte in redazione (“quanti bei passerottini”), un agosto di notturne coi cavalli (Pedro appena assunto, Edmondo credo un mese in ferie) mi guardò serafico e disse. “Ah patanì, devi sapere che la strada verso la gloria è lastricata di inc…”. In ogni sua frase c’era un insegnamento e verità pura, detta con il sorriso. Mille altri episodi, come dici te Pietro. Soprattutto un senso di solidarietà, di appartenenza e di vivere un lavoro serio, duro, come il più grande divertimento

   Valeria Ancione

Io sono stata l’unica “sua” ragazza dei Vari. Lui era il mio maestro paziente, quello che non dava per scontate le cose, né presumeva che sapessi tutto appena arrivata al Corriere dello Sport.
Un maestro vero insegna senza aggressività e con comprensione. È stato tra i pochi a non avere pregiudizi sul fatto che fossi femmina e venissi da una scuola di giornalismo. Ho avuto il privilegio e la fortuna di lavorare al suo fianco a inizio carriera, quando si mettono le basi.
Ciao grandissimo Rudy, chi entra nell’anima non esce più, da qualche parte sei sempre stato, ti si poteva incontrare per caso passeggiando per Campo de’ fiori…  non immaginarti ancora su questa terra è mancanza 🖤💞

Paolo Scalera, su GpOne

Se ne è andato oggi Rodolfo Galdi, per tutti Rudy. Per tanti anni colonna della redazione ‘Vari’ del Corriere dello Sport. Di quella grande redazione di cui mi onoro di aver fatto parte per molti anni. Rudy, responsabile della rubrica di ippica ma competente praticamente in ogni sport, per noi non è stato solo un maestro ma anche un punto di riferimento nella professione quando, e accade più spesso di quanto lo si immagini, c’era bisogno di una voce saggia. O più semplicemente di una battuta per sdrammatizzare. E di frasi storiche, capaci di travalicare i confini della redazione, Rudy ce ne ha date tante a cominciare da quel “attacca l’asino dove vuole il medesimo” con la quale suggellava qualcosa che non lo trovava d’accordo, ma che bisognava comunque fare. Una ribellione, certo, ma anche una forma di obbedienza non priva di una accettazione che non era mai acritica. Perché per fare questo lavoro lo spirito critico non si deve mai dimenticare, senza scordare però che al timone c’è sempre uno solo. Quando ero una matricola al Corsport mi rampognò bonariamente perché non avevo messo la foto giusta di un cavallo nel suo pezzo. Non ricordo il nome del cavallo in questione, e questo è solo per ricordare che quello che per me era solo una testa di un cavallo, uguale in tutto e per tutto a tutti i cavalli del mondo, per Rodolfo ‘Rudy’ Galdi, era un protagonista, un atleta, un campione. E che non si poteva sbagliare una foto, anche se chi veniva chiamato a metterla in pagina si occupava di tutt’altra cavalleria. Rigore. Con l’occhio e la battuta buona e sempre pronta. Rudy, “hai fatto cadere la cucchiara”. Evidentemente era il momento che ritenevi giusto, anche se il momento giusto per abbandonare la stanza, prima di mandare la pagina alla stampa, da grande giornalista quale sei, sai bene che non c’è mai. I funerali si terranno alle 11.30 alla Chiesa di San Giuseppe al Trionfale oggi venerdi 18 giugno a Roma.

Paolo Valbonesi

Io tipografo lo chiamavo Galdi, quando bisognava chiudere le pagine con lui era uno spasso, un ricordo veramente speciale, sempre gentile e pronto alla battuta con la sigaretta fra le dita, mi dispiace immensamente…

Carlo Liguori

Mi dispiace tantissimo. Un Maestro. R.i.p. Rudy

 Mauro De Cesare  

Rudy è stato di tutti e per tutti. Molto di più ai vari. Ma ha lasciato una traccia, un ricordo, un’emozione in qualsiasi settore, in chiunque lo incontrasse anche solo sull’ascensore. Ti penserò sempre, sorridendo alle tue inarrivabili battute. Ciao Rudy. 💖

Elisabetta Russo

Che dispiacere, lo ricordo con immenso affetto…

Tiziana Gaudenzi

Bellissima persona collega e amico sincero sara’sempre nei miei ricordi quelli belli del mio lavoro al Corriere Ciao Rudy R.i.p.🙏🙏🙏

Gabriella Cianfichi

Che la terra ti sia lieve caro Rudy🙏🏻❤

️Paola Prosperini

Bruttissima notizia. Un collega, un giornalista, un uomo di stile e cultura. Ciao Rudy 🌹

Franco Morabito

Sono profondamente addolorato. Se ne va un uomo straordinario, un amico, un grande professionista e maestro. Stento a crederci.

Massimo Zelinotti

Aveva sempre la battuta pronta quando scendeva al reparto 02 della fotografia di piazza Indipendenza… Ciao!

   Carlos Alberto Martinez Lopez

Mi ricordo sempre il Grande Galdi !! Quando faceba le mie visite al Corriere Dello Sport in Piazza Indipendenza, 11/B, per salutare la truppa dei vari, a cominciare dal Volpe, il grande Pedro, il dottor Arceri, il gentleman D´Ulisse, il professor Bajardi, la Giardini, l’Ancione, il Patania, il De Sanctis, il Fava, tra gli altri grandi amici di sempre, e mi fermaba a chiacherare un po’ con il simpatico Galdi e le sue batute, che mi hanno fatto ridere un mondo! Sono davvero dispiaciuto per la sua scomparsa!!!

   di Gianluca Moresco, La Repubblica.it

E’ morto a 77 anni Rodolfo Galdi. Rudy rappresenta una pagina umana della storia del giornalismo sportivo. Assunto giovanissimo al Corriere dello Sport dove già lavorava il padre Vincenzo. In pensione nel 2007, anno in cui fondò Cavallo2000, agenzia di informazione specializzata nel settore ippico. Fin qui i dati scarni di una lunga carriera.
Ma non sono i numeri degli anni dietro a una tastiera a segnare il ritratto di un giornalista da sceneggiatura americana. Rudy aveva due figli, Vincenzo, scomparso da poco e Andrea, uno dei direttori del gruppo Gedi. Un fratello aggiunto in una vita di redazione dove si finisce per condividere la propria vita prima del mestiere. Per capire fino in fondo una figura come quella di Rudy bisogna tornare al giornalismo di redazione di fine secolo scorso. Rudy non lavorava al Corriere, Rudy viveva al Corriere, lo trovavi in fondo alla stanza con la luce di traverso del settimo piano praticamente a qualsiasi ora del giorno. I menabò sulla scrivania, un tipometro, la penna blu e le pagine dei quotidiani del giorno stropicciate sul tavolo, consunte dalla lettura, dal mestiere che partiva sempre da lì.

Avere a che fare con Rudy, arrivando dalle prime collaborazioni, significava sbattere su un muro di verità senza fronzoli, senza aggettivi sul giudizio. Il primo incontro risale al 1993, quando con suo figlio Andrea seguivamo “I campi” di Roma e Lazio: “Bella coppia, notizie poche”. Una frase buttata lì per rompere il ghiaccio, per rendere meno ruvido il momento. Per scherzare e al tempo stesso infilare quel sostantivo che è stata la stella polare della sua vita: la notizia. Credo si tratti di dna, un qualcosa che si tramanda come i tratti somatici: in trent’anni ho conosciuto pochi giornalisti con il senso della notizia di Rudy e poi di suo figlio Andrea. Negli anni di piazza Indipendenza, in quell’anomalia culturale dove un giornale di formazione politica divideva le sue scale con un quotidiano di matrice esclusivamente sportiva, quella quotidianità condivisa ha rappresentato una ricchezza straordinaria, umana prima ancora che giornalistica. E Rudy è stato parte integrante di quella straordinaria osmosi, soprattutto con i suoi modi scanzonati e il suo parlarti nei corridoi in modo leggero, un invito costante a essere giornalista serio ma senza prenderti troppo sul serio.  

Una carriera a occuparsi di ippica in un giornale come il Corriere dello Sport che sul tema è stato una bibbia del settore. Leggendo tra i messaggi di ricordo e tristezza lasciati su facebook, uno racconta forse meglio degli altri la passione di Rudy: “…mi hai insegnato come corre un cavallo, mi hai insegnato che il rumore degli zoccoli all’arrivo non ha rivali, mi hai accompagnato nel tondino ad ammirare la bellezza che accumunava la nostra amicizia: i cavalli”. Ecco, Rudy ha incarnato la sintesi dove mestiere e passione si uniscono producendo un risultato unico, di straordinario racconto giornalistico e di fatto di vita dedicata a quel racconto.
Ciao Rudy, ti mando un abbraccio mentre ti immagino con gli occhi sul traguardo.
http://repubblica.it/sport/vari/2021/06/16/news/addio_rodolfo_galdi_una_vita-306347052/?fbclid=IwAR1hjb1UtnawTEX-DPoxbpvAZk0kT2NSk8a5F-cHEtcxOyQ_pDw6i9121Dg

   Alcuni dei tormentoni di Rudi Galdi

 The cucumber always goes in the greengrocer’s ass
(Il cetriolo va sempre in culo all’ortolano)
(Quando una decisione dall’alto veniva a nuocere il lavoro redazionale)

   Io vado a mette’… i piedi sotto al tavolino
(allusione che faceva pensare ad un argomento, per sfociare in un altro)

   Dove sono i miei uomini?
(quando bisognava cambiare molto le pagine, si doveva predisporre e attuare un nuovo e impegnativo piano)

   Aridatece er puzzone

   Ahò, famo ‘n summitis
(quando la redazione si doveva riunire per decidere)

   Stasera nun se chiude, e stasera nun se chiude (anche cantata)
(quando tardava un pezzo, o a una certa ora la pagina era ancora vuota, o un evento si prolungava oltre i limiti)

   Sono tranquillissimo (quando succedeva qualcosa di grosso e tutti si agitavano)

   Nun avemo mica magnato li facioli nello stesso piatto
(we didn’t eat the beans in the same dish!)

   Ho visto la morte in faccia
(altro titolo da format che veniva reiterato per varie situazioni)

Leandro De Sanctis

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