VOLLEY Mancano le retrocessioni, ma non c’è salvezza

Nonostante il campionato maschile abbia abolito le retrocessioni, e quello femminile ne abbia mantenuta una soltanto, la crisi che attanaglia molti club di pallavolo sembra infinita. Non ci saranno le retrocessioni, ma non c’è salvezza lo stesso. 
Non quella economica almeno, che poi coinvolge inevitabilmente la vita sportiva dei club, perchè il mancato pagamento degli stipendi, piaccia o meno sentirselo ricordare a chi è in debito con gli atleti, è parte della componente sportiva.
E’ recente l’abbandono della squadra di Avellino, che ha lasciato la Serie A2 maschile con sole undici squadre. Il mancato pagamento da parte di sponsor anche istituzionali ha mandanto all’aria una situazione evidentemente già non solidissima. Alcuni giocatori hanno trovato un altro ingaggio (Bencz a Milano, Libraro a Castellana Grotte, Diamantini a Molfetta, Santucci a Corigliano, come l’allenatore Totire), gli altri sono ancora a spasso.
Ma se Avellino è stato l’unico caso finora deflagrato, nelle prossime settimane si rischiano altri casi imbarazzanti. Sia in A1 maschile che in A1 femminile. Pare che l’AltoTevere stia vivendo una situazione delicatissima. C’è stata una giornata in cui i giocatori hanno trovato sbarrate le porte del PalaKemon perchè la società era indietro con il pagamento del canone d’affitto concordato. Poi in extremis c’è stato chi ha messo mano al portafoglio staccando l’assegno che ha sbloccato almeno questa situazione. Ma le voci che trapelano sulla puntualità degli stipendi sono decisamente allarmanti. L’operazione che avrebbe dovuto salvare il volley della zona dell’AltoTevere, in Umbria, sembra fallita. C’è stata una fusione solo a parole, perchè quando due club si uniscono è per farne nascere uno più forte. Invece l’AltoTevere Città di Castello dopo pochi mesi è già in crisi e soprattutto non è entrato nel cuore delle tifoserie, vecchie e nuove.
E quando si hanno problemi di sopravvivenza, non c’è nè voglia nè tempo per pensare a ciò che dovrebbe essere scopo primario di una società di vertice: un occhio al risultato sportivo, l’altro allo sviluppo, mediatico e territoriale. Dopo i tentennamenti, i ripensamenti ed infine la decisione di presentarsi al via della Serie A1, sarebbe imperdonabile dover registrare l’abbandono in corsa di Città di Castello. Ma le regole devono valere per tutti: niente stipendi pagati, niente campionato.
Un altro caso si è materializzato anche in Serie A1 femminile. Le Api di Ornavasso sono rimaste a secco di…miele. Stipendi che non sono stati pagati nei tempi, atlete che hanno chiesto garanzie alla società, con cui pare che ora siano in trattativa. La società Openjobmetis Ornavasso ieri ha diffuso questo comunicato: «L’attività dell’ Ornavasso non s’è mai interrotta. La società non ha scelto alcun silenzio stampa. Tra società, staff tecnico e atlete s’è instaurato un confronto che prosegue nelle sedi deputate e non in pubblico. Di comune accordo s’è deciso che ogni dichiarazione pubblica sarà incentrata solo sulla parte sportiva». Ma senza stipendi, la parte sportiva non esisterà più.

* sul Corriere dello Sport di giovedì 12 dicembre 2013

Leandro De Sanctis

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