Nomadland | Recensione film Oscar 2021

Nomadland | Recensione del film Oscar 2021. Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia, Nomadland ha continuato a fare incetta di premi, concludendo la sua marcia trionfale con l’Oscar, anzi con i tre Awards vinti come miglior film, miglior regia (Chloè Zhao), migliore attrice protagonista (Frances McDormand).

Contrariamente ai riconoscimenti meritati nelle varie mostre, mi ha un po’ sorpreso l’Oscar, che tuttavia di tutti i premi sarà anche il più celebre e celebrato, ma resta pur sempre una specie di gioco di club con le sue regole particolari che non sempre combaciano con criteri di assoluta meritocrazia.

Intendiamoci, Nomadland è un ottimo film, interessante come ogni opera che illumina territori sconosciuti e poco praticati. Superati i 60 anni la ruvida Fern (Frances McDormand, che attinge al suo repertorio di personaggi scostanti, ostici, di poche parole) è rimasta prima vedova e poi senza lavoro, perché la grande recessione ha prodotto la chiusura della fabbrica attorno alla quale era nata Empire, un luogo inesistente prima e dopo, nel Nevada. Quando la fabbrica chiude, viene cancellato pure il Codice di avviamento postale e sancita la morte di un agglomerato che ha prosciugato vite. 

Fern con il suo furgone, cambia la sua vita ma non nel senso in cui comunemente si aspira a cambiare esistenza. Attrezza con ingegno il suo furgone e lo trasforma nella sua casa, viaggiando per l’America inseguendo lavori stagionali, incrociando altre vite segnate. Il racconto la segue nel corso di un anno, si apre e si chiude con l’impiego natalizio presso una sede Amazon.

Nomadland è film ma è anche documentario e ha il pregio di invitare ad una visione di vita da un diverso punto di vista, opposto, slegato da ogni format abituale. Certo, se si punta su paesaggi naturali affascinanti e si accompagna il viaggio con le musiche di Ludovico Einaudi, si può pensare di vincere facilmente e catturare l’empatia dello spettatore. Tuttavia il paesaggio non è mai oleografico, quanto piuttosto specchio di stati d’animo, della necessità degli ampi spazi, di una solitudine essenziale che talvolta è smarrimento, che mette dinanzi alla natura e diventa un tutt’uno con l’idea di libertà. Magari temporaneamente e occasionalmente condivisa con altre anime in viaggio.

Ma il film sottolinea anche altro.  L’universo nomade con il quale prendiamo confidenza (ben diverso da quello che conosciamo in Italia e in Europa) seguendo Fern è decisamente scomodo e composto da motivazioni varie. Spesso i personaggi che l’affollano hanno lasciato il mondo, l’altro mondo, dopo situazioni di estremo dolore, perdite, lutti, malattie. Alla ricerca di un qualcosa di altro, di diverso con cui dare un senso a ciò che resta delle loro vite.

Nei furgoni la vita è scomoda, gelida, dura, pericolosa. Il baratto è un valore, ci si scambiano emozioni, sentimenti, paure, oggetti. Un aspetto significativo nel momento in cui la pandemia ha accentuato l’irrazionalità di un’economia spietata che concentra la ricchezza in poche mani, lasciando in miseria il mondo intero. Nomadland fa apparire un crudele risiko le Borse, le agenzie di rating, tutto quanto legato alle speculazioni e alle convenzioni che vanno oltre l’unica realtà che dovrebbe contare: la vita umana, dignitosa, possibile.

La storia di Fern è anche una fuga da tutto, iniziata con la scelta di andare a vivere con il marito nella città fabbrica di Empire. Perché quando la sua nuova vita propone un’alternativa più comoda, verrebbe da dire normale, Fern non rinuncia a ciò che è diventata (o che è sempre stata). Osserva, memorizza, valuta il luogo che potrebbe accoglierla con affetto ed empatia, ma rimette la sedia attorno al tavolo, in quel quadretto non ci si vede, ribadendo il suo sentirsi fuori posto, estranea a un’idea di esistenza che non le appartiene.

Nomadland, la scheda

NOMADLAND – Stati Uniti, 2020. Durata 107′. Tratto dal libro di Jessica Bruder. * visto in versione originale con sottotitoli.
Regia: Chloè Zhao
Interpreti: Frances McDormand, Davide Strathaim, Linda May, Swankie.
Musiche: Ludovico Einaudi.

Leandro De Sanctis

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