Pechino 2022 | Constantini e Mosaner, storico oro nel curling

Pechino 2022 | Constantini e Mosaner, storico oro nel curling.
Il collega Fausto Narducci, che ha seguito nove Olimpiadi per la Gazzetta dello sport, scrive per noi di Pechino 2022. Ogni giorno il pagellone dell’Olimpiade Invernale. Da 10 a 1 un voto per tutte (o quasi) le discipline in programma, un modo diverso e divertente per rileggere la giornata olimpica. Oggi un oro (curling) e un argento (sci di fondo) hanno spinto l’Italia a un incredibile quinto posto nel medagliere con un bottino di sette podi in quattro giorni.

DIECI: storico oro (con fairplay) nel curling

Una stone ha travolto anche noi, come la Norvegia battuta 8-5 in finale. Il boom del curling, che era già scoppiato a Torino 2006 ma poi si era sgonfiato, riparte da Pechino dove ha conquistato perfino la diretta di Rai 2 entrando nelle case di tutti gli italiani a ora di pranzo. Stefania Constantini, 22 anni, e Amos Mosaner, 26, sono finora i veri personaggi di questa Olimpiade. Capaci di conquistare il primo oro (e la prima medaglia) nella storia olimpica azzurra nello stesso Water Cube (ribattezzato Ice Cub) in cui Federica Pellegrini nel 2008 aveva vinto il suo unico titolo olimpico. I norvegesi Kristian Skaslien e Magnus Nedregotten, marito e moglie che erano stati bronzo a PyeongChang, sono sembrati due dilettanti, emozionati e imprecisi, rispetto alla coppia azzurra che ha vinto tutte le partite di questa Olimpiade (la prima per Stefania, la seconda per Amos) come veterani incalliti.
Quel che conta, oltre all’oro, è che il curling è piaciuto, ha emozionato e ha superato la riduttiva definizione di “bocce sul ghiaccio” per conquistare la dimensione di grande sport olimpico. Accessibile a tutti, è vero, ma da affrontare con impegno e professionalità. In Italia non si superano i 500 praticanti, si pratica principalmente a Cortina, Cembra (Trento) e Pinerolo (Torino) ed è anche una scuola di fair play. Qui si cede con onestà il punto agli avversari prima che intervengano i giudici, in tempi normali (non di pandemia) vincitori e vinti si concedono insieme un brindisi dopo le partite e si rispetta l’avversario come un compagno di viaggio più che un rivale. Stefania, volto acqua e sapone ma grinta da leader, merita la copertina di Pechino. A noi è sembrato (ma forse ci sbagliamo) che nella coppia azzurra i pantaloni li indossi lei..


NOVE: il fondista solitario che salva il movimento

Federico Pellegrino, purtroppo da solo, continua a tenere in piedi tutto lo sci di fondo azzurro. Il norvegese Johannes Klaebo, che si è nascosto nei turni eliminatori, si è confermato fuori portata e l’azzurro in volata si è dovuto accontentare dell’argento ma è una medaglia che vale oro. E’ vero che stavolta nello sprint si gareggiava a tecnica libera (che Federico predilige) rispetto a quella classica dell’Olimpiade coreana ma il secondo posto va considerato un passo avanti. Sia perché è difficile confermarsi sia perché le ultime stagioni non sono state facili per il valdostano che a un certo punto, d’accordo con le Fiamme Oro, si è allenato con il gruppo della nazionale russa guidato dal tedesco Markus Cramer a Ramsau. Una scelta che ha fatto discutere come fa discutere il crollo del nostro movimento fondistico che anche a Pechino non sta dando segnali di risveglio.

Mathias Maier il primo a vincere tre titoli in tre Olimpiadi consecutive

OTTO: il più grande sciatore di sempre

Preferiamo dare i migliori voti agli italiani ma meriterebbe sicuramente il dieci l’austriaco Matthias Maier che, vincendo l’oro del superG (dopo il bronzo in discesa), diventa il primo sciatore alpino a vincere il titolo in tre Olimpiadi consecutive: discesa 2014, superG 2018, superG 2022. Tre ori come Alberto Tomba che però li ha concentrati in due Olimpiadi: ‘88 e ’92. L’austriaco ha superato l’americano Ryan Cochran-Siegle (figlio d’arte: la madre Barbara Cochran fu olimpionica e iridata di slalom a Sapporo ’72) e Aeksandre Aamodt Kilde che stava già festeggiando sul podio insieme al connazionale Adrian Sejersted. I due norvegesi sono rimasti a lungo in piedi (perché non ci sono posti a sedere come in coppa del Mondo?) in zona d’arrivo sotto le telecamere ma solo a Kilde è rimasta una fetta di podio. E’ la bellezza delle prove veloci con continui colpi di scena favoriti da un tracciato su neve artificiale ma molto variegato che è piaciuto a quasi tutti gli atleti.


SETTE: La prima coppia di regine delle nevi

E’ stata la giornata delle due prime regine delle nevi. Da una parte la ceca Esther Ledecka che a PyeongChang aveva stupito vincendo l’oro nello sci alpino (superG) e nello snowboard e qui ha cominciato con l’oro del parallelo. La vedremo anche nelle prove veloci dello sci alpino: sicuramente uno dei grandi fenomeni dello sport di oggi. Abbinare tavole e sci a questi livelli è un’impresa da marziani. Ha cominciato la sua campagna cinese anche Eileen Gu, la modella di San Francisco che al Paese di nascita (gli Stati Uniti) ha preferito quello di origine dei genitori (la Cina) diventando per i cinesi la “principessa delle nevi”. Nel freestyle la Gu ha vinto il Big Air e punta a ripetersi in slopestyle e halfpipe.

SEI: il salto dei pattinatori azzurri

Meritano la sufficienza gli azzurri del pattinaggio di figura che si sono espressi al loro massimo livello. Il compito di aprire il programma individuale è spettato al singolo maschile dove Daniel Grassl (12°), argento europeo, e Matteo Rizzo (13°) hanno…rotto il ghiaccio in vista del libero di giovedì. Stupendo il quadruplo lutz di Daniel, ritrovatissimo Matteo, tornato con Franca Bianconi, che ha ottenuto il miglior punteggio stagionale con 88,63. Gli azzurri nel libero di giovedì potranno scalare ulteriormente la classifica guidata dall’americano Nathan Wei Chen che ha siglato il record mondiale del corto con 113.97 punti.

CINQUE. La beffa della sesta Olimpiade

Che beffa nel parallelo dello snowboard per Roland Fischnaller che a 41 anni dava forse l’ultimo assalto alla medaglia olimpica in sei partecipazioni ai Giochi sempre sfortunate. Dopo tanti piazzamenti (il migliore era stato il 7° posto) sembrava arrivata finalmente la volta buona ma l’altoatesino è stato battuto in semifinale dall’austriaco Benjamin Karl (poi vincitore) ed è uscito dopo un grave errore quando era in lotta per il bronzo con il russo Vic Wild. Vederlo accovacciato a bordo pista con le mani sul volto ha fatto rabbia e tenerezza ma lui nelle interviste ha smorzato tutto: “E’ solo un gioco. Mi diverto ancora e ci riproverò a Milano-Cortina”. A 45 anni?

QUATTRO: nel biathlon non c’è solo la storia

Speriamo di sbagliarci ma nel biathlon azzurro non tutto va per il meglio. L’impressione è che ci affidiamo troppo alla storia e facciamo fatica a mantenere il passo con le altre nazioni che nel frattempo si sono evolute anche tecnologicamente. Ne ha fatto le spese oggi anche Dominik Windisch, campione mondiale 2019, che ha dato l’anima ma ha perso posizioni nel finale chiudendo al 14° posto nella 20 km vinta dal francese Quentin Fillon Maillet. Il francese ha finalmente coronato il sogno dell’oro olimpico, ora tocca a noi.

TRE: lo short track attaccato con lo scotch

Nello short track la confusione regna sovrana anche se sono arrivate già due medaglie. La squadra è attaccata con lo scotch e l’adesivo potrebbe staccarsi. Arianna Fontana non ha un carattere facile ma come darle torto quando chiede rispetto. Ha raccontato di essere stata osteggiata per aver scelto come allenatore il marito Anthony Lobello che a quanto pare segue metodologie innovative nel piccolo mondo dello short track. Finora i fatti le hanno dato ragione e i rapporti con compagne e compagni non devono essere proprio a zero se è arrivata la medaglia della staffetta. Meglio riparlarne a fine Olimpiadi. Così la pensa sapientemente anche il presidente della FISG Andrea Gios che ha scelto di lasciare in pace la sua regina, libera di vincere.

DUE: la polemica azzurra va veloce

Merita un foto bassissimo la squadra maschile di velocità. A parte i miseri piazzamenti (Marsaglia 18°, Paris 21° e Innerhofer subito fuori) in superG sono esplose nella notte le polemiche sopite che avevano portato all’esclusione di Mattia Casse, convocato in extremis come riserva viaggiante. L’Italia, per un errore di programmazione, ha potuto portare solo sette uomini a Pechino e Marsaglia ha rivelato di aver ricevuto la proposta dallo staff azzurro di fingere un infortunio per fare posto al compagno di squadra. “E’ stato tradito lo spirito olimpico” hanno detto sia Marsaglia sia Casse che sono amici. E’ evidente che il convitato di pietra è il veterano Christof Innerhofer convocato per meriti acquisiti ma, come si è visto a Pechino, completamente fuori forma. Una disfatta, quella dei velocisti azzurri, che viene da lontano: a fine stagione ci sarà un grande repulisti.

UNO: i giudici più incontrollabili dello sport

Meriterebbero zero i giudici dello short track che ne stanno combinando veramente di tutti i colori nello smaccato tentativo di favorire i padroni di casa. I regolamenti danno mano libera ai giudici visto che le decisioni sono inappellabili. Ma immaginiamo cosa succederebbe in Italia con comportamenti simili nel calcio dove non è bastata la Var per placare le polemiche. Finora a farne le spese sono stati soprattutto i sudcoreani dove lo short track è sport nazionale. Oggi è arrivata la protesta della delegazione ufficiale della Sud Corea per le decisioni nei 1000 maschili di ieri dove, escludendo per un discutibile contatto il detentore del record mondiale Hwang Dae-heon, sono stati portati in finale tre cinesi e due ungheresi di padre cinese. Forse qualcuno si accorgerà che bisogna trovare il modo di controllare e supervisionare le giurie in uno sport in cui le squalifiche fioccano in ogni gara.

Fausto Narducci

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