ATLETICA Chiamatemi Pedroso

Missione compiuta. Yadisleidy Pedroso ha indossato domenica a Milano la prima maglia tricolore della sua carriera italiana, aggiudicandosi i 400 ostacoli in 55”26, davanti alla Gentili ed alla statunitense azzurra Jennifer Rockwell, un’altra che ha scelto di vivere la sua carriera di atleta da questa parte dell’Oceano.
    «E’ la mia prima maglia tricolore, ci tenevo tantissimo» dice Yadis, 26 anni, cubana che ha sposato il suo allenatore salernitano Massimo Matrone. Yadis ha dato la priorità agli Assoluti, pur avendo la possibilità, grazie al suo manager Federico Rosa, di gareggiare nella tappa di Londra della Diamond League. Ma non c’erano i voli giusti per saltare da Londra a Milano in tempo per le batterie, così la Pedroso ha scelto l’Arena, facendosi conoscere dal pubblico italiano che ha seguito gli Assoluti su Raisport e facendo felice il suo club, il Cus Pisa e il suo presidente Fabio Mariotti.
    Londra le sarebbe servita per farsi conoscere a livello internazionale, per attirare l’attenzione di sponsor importanti, che il prossimo anno potrebbero supportarla (e pare che il lavoro di Rosa e l’attenzione di Niyongabo potrebbero tradursi in un accordo con la Nike).
    «C‘è il rammarico che Yadis non possa vestire la maglia azzurra ai Mondiali di Mosca – racconta Massimo Matrone, il marito allenatore – Erano il nostro obiettivo finale per il 2013 ma purtroppo Cuba, tramite Juantorena, ha fatto in modo di impedirlo. Il 10 marzo la Iaaf, dopo aver esaminato i documenti, autorizzava Yadis a correre per l’Italia, il 20 marzo la Iaaf ci ha comunicato il prolungamento dell’attesa perché Juantorena aveva scovato una gara del 5 luglio 2009. E pensare che avevamo anche la liberatoria firmata da Cuba. La data dell’ok azzurro è ora quella del 13 dicembre»
    Yadis è motivatissima in questa sua ascesa nell’atletica italiana. E’ nata a Cuba, all’isola resterà sempre legata, ma ora il suo sogno è quello di trasformare l’etichetta di italo-cubana in un semplice nome e cognome, Yadis Pedroso. Un po’ come avvenne a Fiona May.
    «Sembra quasi, a sentire italo-cubana, che io non sia una vera italiana. Spero di diventare abbastanza brava e conosciuta, spero di essere Pedroso e basta»
    Matrone spiega i quattro obiettivi stagionali raggiunti: «Record italiani sui 200, 300 e 400 ostacoli, poi il titolo tricolore».
    Il 54”54 di Shanghai e lo scudetto di Milano hanno fatto capire a Yadis di aver lavorato bene.
     «La programmazione che è stata fatta per conoscerla, un anno e mezzo per cucirle il vestito adatto – racconta Massimo Matrone – La Fidal ci ha aiutato facendoci andare a Formia, un centro di altissima qualità. Ti puoi allenare, fare l’atleta: lì c’è la tranquillità, la possibilità di allenarsi da professionista e senza distrazioni. Hai tutto a disposizione»
    Doveroso per Massimo e Yadis, il ringraziamento a chi fin dallo scorso anno li ha supportati nel cammino: «I risultati stavano arrivando già l’anno scorso, grazie ad una equipe tutta salernitana. Il centro Salus di Giovanni Carmando, la Casa di Cura Clinica Tortorella, della mia amica Giovanna d di Giuseppe Tortorella, Roberto Mazzeo con la sua Visusport Olio che produce un olio particolare per muscolatura post e pre gara»
    E’ ottimista Massimo: «Siamo solo all’inizio, il bello deve ancora arrivare»
    Yadis ha avuto a Milano la sensazione che avrebbe potuto essere più veloce: «Mi sono sentita molto forte, nella distribuzione della gara, non ho fatto la consueta ritmica, ho sbandato tre volte, non era previsto, ma con tutti questi errori ho fatto 55.26»
    Yadis e suo marito hanno dedicato il titolo a Mario De Simone, ex nazionale salernitano di taekwondo, scomparso prematuramente a 32 anni. «Era un atleta che mio marito seguida da quando aveva 14 anni. Sognava l’Olimpiade, spero di riuscire a gareggiare ai Giochi di Rio, anche per lui. Qualche volta ci siamo allenati insieme, quando veniva al campo diceva che ero una gazzella»

testo apparso sul Corriere dello Sport del 31 luglio 2013

Leandro De Sanctis

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