Dybala, ragione (soldi) e sentimento

Dybala, ragione (soldi) e sentimento. Il richiamo al celebre romanzo di Jane Austen, Ragione e sentimento (Sense and sensibility) diventato un film di successo (regia di Ang Lee, con Kate Winslet, Emma Thompson, Hugh Grant, Alan Rickman, 1995) torna alla mente pensando al triste e amaro epilogo della storia juventina di Paulo Dybala. Tralasciando commenti sgradevoli e ignoranti di chi nulla sa ma tutto pretende di conoscere, non c’è alcun dubbio che qualunque tifoso juventino amante del calcio giocato con classe e fantasia, sia dispiaciuto e amareggiato. Non è da Juve lasciar partire a parametro zero un campione di prima fascia come Dybala. Pensieri e considerazioni lecite non mancano. Senza mettersi beotamente e ciecamente dalla parte di una società che si presume infallibile e invece non lo è. Ma anche senza scagliarsi esclusivamente con l’intruso di turno, Maurizio Arrivabene, proveniente dalla Ferrari come una vita fa accadde con Montezemolo, che alla Juve fece sciagure e lasciò rovine. E nessuno dei meno giovani ha dimenticato.
Anche se è vero che il signor Arrivabene di calcio capiva poco, è altrettanto innegabile che lavora in sintonia con il Agnelli, Nedved e Allegri. Con il direttore sportivo Cherubini braccio esecutivo delle loro volontà. La decisione di scaricare brutalmente e senza un briciolo di stile un giocatore che alla Juventus ha dato tanto in sette anni è solo frutto delle logiche del calcio attuale e di una società le cui vittorie sul campo non sempre negli ultimi tempi hanno trovato adeguato riscontro nella sfera della sensibilità e dei sentimenti. Non parlo di riconoscenza perché nello sport non esiste e perché gli ingaggi milionari hanno reso l’aspetto economico preminente su tutto.
Dall’espulsione finta morbida di Alex Del Piero (che Conte non voleva più per evitare imbarazzi, come se al posto di Alex giocassero fuoriclasse) è diventato chiaro a tutti che l’amore e la passione per la squadra Juventus sono una cosa, il giudizio sullo stile e sui comportamenti della società possono essere ben altra cosa. Se li si vuole guardare senza posizioni preconcette.

I folli ingaggi regalati a Ramsey e Rabiot

E’ chiaro che gli ingaggi faraonici regalati a giocatori come Ramsey e Rabiot, passati senza lasciare traccia e talvolta anche facendo danni, furono opera di Paratici, ma il resto della società era quello di oggi, Agnelli e Nedved c’erano (e concordarono) anche quando la Juventus elargiva incredibili contratti da 8 e 7 milioni di euro al gallese e al perennemente distratto francese. Banale ma inevitabile pensare che anche quei soldi gettati al vento per Ramsey e Rabiot hanno fatto si che non ci fossero risorse per Dybala. Il discorso in realtà è ampio e sfaccettato, anche partendo dal presupposto che è sempre e solo la società a decidere quale debba essere il suo presente e il suo futuro. Ciò che pensa il tifoso, l’appassionato amante del calcio, è puro corollario, un orpello, un accessorio di cui mai si tiene conto. E quanto sbraitano certi pseudo tifosi che di calcio e di Juventus comprendono davvero poco, conferma che ognuno può avere la sua idea ma che l’unica cosa che conta è quello che decide il club. Anche quando sbaglia.

Razionalità, infortuni e la plus valenza dimenticata

Razionalmente non si può che concordare sulla necessità di avviare una politica diversa relativa agli ingaggi, cercando di abbassarli e contenerli. Se critichiamo le spese folli degli sceicchi e non solo, poi non ci si può dolere se la Juventus fissa un monte ingaggi e salvo rare eccezioni si mantiene nel budget stabilito, pur sapendo di poter perdere competitività internazionale. Non mi dispiace pensare che si voglia disegnare il futuro cercando di far bene come altre squadre che i talenti se li vanno a scovare quando ancora non sono famosi. In realtà anche la Juventus lo ha fatto non molto tempo fa, ma poi gente come Pogba e Coman, ad esempio, è stata sacrificata sull’altare degli incassi.
Tornando a Dybala, va ricordato che la Juventus aveva sbagliato con lui anche quando lo aveva messo sul mercato due anni fa, salvo poi sfruttarlo per arrivare a uno scudetto che senza Paulo non sarebbe mai stato vinto. Ma solo perché Paulo volle restare e s’impuntò.
Ora la Juventus dice che con Vlahovic il progetto è cambiato. Peccato che Dybala sia considerato all’unanimità il più talentuoso giocatore della Serie A. Posso solo sperare che vada a giocare all’estero, per poterlo ammirare senza vederlo rinforzare altri club in Serie A. Stupisce e inquieta che una Juventus sempre attenta alle plusvalenze (non è una battuta…), ne abbia polverizzata una cospicua e reale, a prova di indagine, lasciando andar via, anzi, spingendolo fuori in malo modo, un calciatore che acquistò per 40 milioni dal Palermo e che avrebbe potuto rivendere al doppio (c’è da rabbrividire leggendo che Arthur è valutato 60 milioni di euro…). Si è sbagliato quindi anche nel recente passato, trascinando in maniera penosa la trattativa del rinnovo e concludendolo nel peggiore dei modi. E senza un minimo di stile, che almeno con i giocatori che tanto hanno rappresentato per la Juventus, non dovrebbe mai mancare.
Alla società non sono piaciute certe esternazioni gestuali di Dybala? Beh, non è che la dirigenza juventina si era comportata bene mettendolo alla berlina con battute e commenti acidi. E Dybala ha dimostrato anche così di tenere alla maglia.

Ciò che ha vinto la Juve con Dybala è già storia

Sentimentalmente è impossibile non rimpiangere Dybala e le sue giocate, il suo saper essere decisivo, la sua già avviata intesa con Vlahovic. Razionalmente va considerato che negli ultimi tempi la fragilità fisica di Dybala si è rivelata un handicap pesante per la Juventus. In questo senso è legittimo che la società abbia avuto timore di rischiare di basare il suo futuro su un giocatore spesso bloccato a lungo da infortuni, con conseguenti periodi necessari per ritrovare la forma migliore. Quello che saprà vincere Vlahovic con la Juventus è ancora da vedere e dimostrare, quello che ha vinto la Juventus con Dybala è già storia.
Avevo scritto che mi sarei augurato che Dybala e la Juventus concordassero un ingaggio ridotto e legato alle presenze e al rendimento, individuale e di squadra. Forse lo stesso Dybala lo avrebbe accettato. Ma la Juventus non ne voleva più sapere di lui. E questo è veramente un brutto aspetto. Intollerabile (Il modo ancor m’offende, fa dire Dante, nella sua Divina Commedia a Francesca da Polenta, uccisa dal marito Gianciotto Malatesta). Anche in un calcio ormai spogliato di sentimenti, seppelliti dai soldi, troppo spesso esagerati e spesi a vanvera, da tutti i club, per tutti i procuratori oltre che per giocatori spesso strapagati oltre il loro reale valore.

Non basta Vlahovic, e serve una Juve con meno mediocrità

Dybala sacrificato sull’altare del nuovo, di Vlahovic. Ma il serbo da solo servirà a poco se attorno non si comincia a costruire una squadra di maggior qualità, soprattutto a centrocampo dove Rabiot e Arthur hanno abbassato il livello qualitativo e dove si è smarrito l’amalgama necessario a ogni grande squadra. E in prospettiva anche in difesa, destinata a perdere gli ultimi gloriosi monumenti della BBC, Chiellini probabilmente a fine stagione e Bonucci dopo la prossima. Cedere De Ligt ora che si è ambientato e sta crescendo, sarebbe un vantaggio economico ma una sciagura tecnica. Bisognerebbe saper individuare i talenti prima che tutti li scoprano, come ad esempio ha fatto il Napoli pescando il nigeriano Osimhen, che ora tutti vogliono. Capire il calcio e i calciatori, giovani o sottovalutati in altri club, come l’Abraham della Roma: un inglese che sa brillare come lui alla prima stagione in Italia è una rarità quasi prodigiosa.

Leandro De Sanctis

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